Poggiali, ecco perché è stata assolta: "Il dato statistico non basta, mancano prove"

Il giudice: "Il decesso di Montanari per causa naturale resta l’alternativa più plausibile". La testimonianza della collega "un ricordo erroneo"

L’ex infermiera Daniela Poggiali

L’ex infermiera Daniela Poggiali

Ravenna, 28 gennaio 2022 - Le dichiarazioni della collega che aveva descritto la sua strana insistenza di quella notte per occuparsi proprio di quel paziente morto di lì a poco, sono frutto di un "erroneo ricordo". Inoltre non è provato che avesse praticato "una iniezione non prescritta né giustificata" tanto più che gli altri due pazienti in stanza non furono mai ascoltati. In quanto alle minacce, "così risalenti e non oggetto di querela", pronunciate cinque anni prima alla segretaria del paziente al tempo datore di lavoro del compagno, "non dimostrano che l’imputata vi diede seguito". Da ultimo, il "dato statistico" sulle morti in corsia: "pur sfavorevole alla posizione dell’imputata, non è in grado di integrare la carenza probatoria".

Daniela Poggiali assolta: "Mancano le prove"

È il nucleo delle motivazioni, appena depositate, della sentenza con la quale la corte d’assise d’appello di Bologna il 25 ottobre scorso aveva assolto, disponendone la liberazione, l’ex infermiera dell’ospedale ‘Umberto I’ di Lugo Daniela Poggiali accusata di avere ucciso il paziente 95enne Massimo Montanari di Conselice la notte del 12 marzo 2014, cioè alla vigilia delle annunciate dimissioni dall’ospedale, praticandogli una iniezione letale (l’accusa ha ipotizzato potassio cloruro o insulina). Il 15 dicembre 2020, al termine del rito abbreviato, in primo grado l’imputata era stata condannata dal gup del tribunale di Ravenna a 30 anni: la vigilia di Natale le era stata notificata la custodia cautelare in carcere confermata fino in Cassazione.

Secondo il giudice estensore Paola Passerone tuttavia, come sostenuto dalla difesa – avvocati Lorenzo Valgimigli e Gaetano Insolera – "la causa di morte naturale nel caso di Massimo Montanari, resta l’alternativa più plausibile e verosimile".

Il 25 ottobre la stessa corte bolognese, in questo caso nell’ambito di un appello-ter, aveva assolto l’imputata, sempre "perché il fatto non sussiste", per l’omicidio – con iniezione di potassio – di una seconda paziente, la 78enne Rosa Calderoni di Russi deceduta l’8 aprile 2014 a poche ore dal ricovero e per la quale la Poggiali era stata condannata in primo grado e assolta in due appelli sconfessati da altrettante Cassazioni. In questo caso, per il quale la procura generale bolognese aveva chiesto la conferma della condanna come con il precedente, le motivazioni non sono ancora stata depositate.

"Contrariamente all’impostazione seguita" dal gup "che, nonostante la duplice assoluzione in appello – si legge nella sentenza – ha fatto della vicenda Calderoni il fulcro della motivazione per il decesso Montanari, qui non ci si soffermerà, se non per gli aspetti comuni, sulla morte" della 78enne.

Il giudice ha esordito con un dato emerso nell’appello: "L’identificazione dei compagni di stanza di Massimo Montanari", deceduti tra il novembre del 2016 e il gennaio del 2018 e "ancora in vita nel corso delle indagini". Nello specifico, "deve darsi atto che è circostanza pacifica che a Montanari quella sera non dovesse essere praticata alcuna iniezione di insulina".

E perciò "le prime dichiarazioni rese dalla testimone", una infermiera dello stesso reparto, "secondo le quali la Poggiali si offrì con insistenza di sostituirla nell’incombente", non possono "certamente essere considerate veritiere".

Il giudice ha qui preso in rassegna le dichiarazioni della testimone ravvisando come in quelle del 2015, "non pare esservi traccia di insistenza nella Poggiali ma semmai di disponibilità".

Solo "nelle ultime rese a distanza di tempo, la testimone rimarca l’insistenza" della collega nel volerla sostituire. Come dire che l’atteggiamento Poggiali "va dunque ridimensionato e collocato nel suo contesto effettivo". Circa la possibile iniezione al Montanari, circostanza di "valenza indiziaria assolutamente dirimente", il giudice ha rilevato come anche in questo caso tutto sia maturato dalla testimonianza dell’altra infermiera la quale aveva "riferito di avere appreso tale circostanza dai compagni di stanza di Montanari". Tuttavia si tratta di "un ricordo falso o erroneo".

Il medico di turno del resto "non aveva alcuna ragione di coprire" la Poggiali "se questa avesse effettivamente praticato una iniezione non prescritta: non si vede perché avrebbe dovuto omettere nell’immediatezza di annotare l’accaduto".