Poggiali, terzo appello di una storia infinita

Il 27 maggio l’ex infermiera tornerà in aula dopo l’annullamento dell’assoluzione: è accusata dell’omicidio di una paziente

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diAndrea Colombari

Si riparte dalle tante censure mosse dalla Cassazione contro l’ultima sentenza di assoluzione. La sede è ancora Bologna e la data è quella del 27 maggio: è quel giorno che partirà l’appello-ter per Daniela Poggiali, la 48enne ex infermiera imputata per l’omicidio di una sua paziente, la 78enne Rosa Calderoni di Russi. I fatti risalgono alla mattina dell’8 aprile 2014 quando, secondo l’accusa, la 78enne era stata uccisa con una iniezione di potassio a poche ore dal ricovero all’ospedale di Lugo. Uguale a ergastolo in primo grado per la Poggiali, poi assolta in due successivi appelli sconfessati da altrettante Cassazioni. L’ultima, del 18 settembre, è stata motivata con un atto depositato il 9 dicembre. E gli Ermellini non si sono risparmiati in censure sulla motivazione dell’appello-bis definendola “scheletrica”, su alcuni punti “del tutto mancante”, che presta il fianco a “plurimi rilievi di apoditticità, di congetturalità, di illogicità e di contradditorietà”. Tanto che “tutti i rilievi censori formulati” dalla procura generale di Bologna, dall’Ausl e dai due figli della defunta, "meritano accoglimento".

La stessa Suprema Corte ha dato indicazione su come si dovrà procedere: “S’impone nuovo esame delle riferibilità del deflussore” alla paziente recuperato tra i rifiuti ospedalieri. Solo così potranno essere colmate quelle che sul punto sono state definite "carenze argomentative". I nuovi giudici dovranno anche compiere un nuovo più approfondito esame sulle ricadute che una dose di potassio non letale per diluizione o per somministrazione lenta, avrebbe potuto avere su una paziente come la Calderoni segnata da un quadro di salute precario. Sul fronte di possibili manipolazioni, i giudici romani hanno quindi tirato in ballo la 48enne in merito al sangue prelevato dalla paziente poco prima del decesso e che aveva restituito valori fisiologici di potassio: la Cassazione, prendendo spunto dalle tesi accusatorie, ha scritto che l’imputata avrebbe avuto “interesse a disfarsi del sangue” dato che “l’eventuale riscontro di potassio non contemplato nella terapia Calderoni”, avrebbe “posto la sua firma nella morte” della 78enne. Da ultimo, c’è l’invito a ponderare quelle statistiche sulla mortalità in corsia che hanno collocato l’imputata al vertice di una non invidiabile classifica: la corte bolognese “non avrebbe dovuto e potuto sottrarsi” alla loro valutazione. Si ripartirà da qui insomma, con tutte le parti in aula: i figli della defunta (tutelati dagli avvocati Maria Grazia Russo e Marco Martines), l’Ausl (avvocato Giovanni Scudellari) e il collegio provinciale degli infermieri (avvocati Mauro Brighi e Valentina Fussi). Giudice relatore sarà Donatella Di Fiore, in passato in forza alla sezione penale di Ravenna. Naturalmente se lo riterrà opportuno, potrà esserci pure l’imputata (avvocati Lorenzo Valgimigli e Gaetano Insolera) la quale per il caso Calderoni è indagata a piede libero.

E se ora si trova in carcere, è per via della custodia cautelare scattata dopo la condanna a 30 anni inflitta in abbreviato il 15 dicembre scorso per la morte avvenuta il 12 marzo 2014 di un altro paziente: il 94enne conselicese Massimo Montanari, in passato datore di lavoro del compagno dell’imputata.