
L’architetto, ex assessore all’Urbanistica con Mercatali nel 2001: "Della rigenerazione di quest’area se ne parla dal 1989, quando il progetto Marmarica fu presentato da Cmc, gruppo Ferruzzi, Iter e Cepra" .
Nel 1997 Rifondazione Comunista, con Verdi e Rete, elesse ben cinque consiglieri in consiglio comunale e fra questi c’era l’architetto Fabio Poggioli, che mai aveva svolto attività politica, ma già da quattro anni aveva dimestichezza con l’urbanistica e che il sindaco Mercatali nel 2001 chiamò in giunta quale assessore all’urbanistica e all’edilizia privata. Un ruolo che lo ha visto protagonista su un fronte, aperto già allora da anni, ma tanto complesso da rendere ancora oggi impossibile pronosticarne l’epilogo concreto, ovvero la pianificazione del recupero della Darsena. Su questo grande sogno ravennate, Poggioli tre lustri orsono ha scritto un libro e ora ha dato alle stampe un altro saggio (‘Amministrare con l’urbanistica’, Danilo Montanari editore), sulla storia dei piani regolatori di Ravenna dal dopoguerra a oggi. Due opere con un’unica finalità: tramandare la memoria del lavoro fatto per la città da tanti e importanti architetti di fama internazionale, da Filipponi a Quaroni, da Aymonino a Boeri, Vittorini, Nigro e altri.
Lei è un architetto prestato alla politica.
"Non esattamente perché non ho mai fatto politica attiva, semplicemente nel 1997 mi è stato dato un ruolo di amministratore, in una materia, l’urbanistica, senz’altro attinente ai miei studi...quelli in architettura all’università di Venezia. Peraltro in coerenza con quanto già stavo facendo con Rifondazione Comunista...".
Nel senso?
"Che nel 1993 fui incaricato da Rifondazione di supportare il consigliere nella commissione comunale per l’urbanistica".
E come avvenne questo incarico?
"Al bar! Non è una battuta. Spiego: frequentavo un bar a Punta Marina, dove abitavo e abito, in cui veniva spesso il segretario della sezione locale di Rifondazione, Delio Sansavini. Si parlava, anche dei miei studi universitari, io d’altronde ero di idee di sinistra, come il babbo. Fu così che nel 1993, dopo le elezioni, Sansavini mi chiese di dare una mano".
Nel 1993 fu eletto sindaco D’Attorre e fu l’anno in cui venne votato il Piano regolatore.
"Un Prg che, come disse D’Attorre, doveva servire da stimolo per il futuro assetto di Ravenna dopo il collasso del gruppo Ferruzzi e di Calcestruzzi. A Rifondazione parve sovradimensionato e votò contro. Io intanto facevo esperienza e questo mi servì per la laurea...".
Mi spieghi...
"Feci una tesi particolare, sostanzialmente di urbanistica, sul polo fieristico di Faenza. All’epoca la Provincia, prima in tutta l’Emilia-Romagna aveva dato concretezza alle indicazioni regionali in materia di poli fieristici, individuando come unica area per le fiere il territorio di Faenza. Nella tesi individuavo il sito nei pressi del casello autostradale, dove poi è stato costruito il centro commerciale".
Facciamo un passo indietro...Perché scelse architettura?
"Fin da bambino mi piaceva disegnare, tanto che frequentai il liceo artistico e il babbo, Secondo, che faceva il camionista, e la mamma, Nadia, erano d’accordo. Già allora avevo ben chiaro che da grande avrei fatto l’architetto, ma quello che disegna case, mai avrei pensato che il mio futuro sarebbe stato nell’urbanistica...poi il corso degli eventi ha deciso diversamente! Anche dal punto di vista professionale perché cominciai con incarichi in Comune a Ravenna, Russi e in Provincia".
Alle elezioni del 1997 venne candidato...
"Ci fu un risultato strepitoso per Rifondazione, cinque consiglieri. Guido Pasi fu nominato assessore mentre io divenni presidente della commissione Assetto del territorio. Nel frattempo vinsi il concorso per un ruolo alla Pianificazione territoriale della Provincia. Nel 2001, con il secondo mandato di Mercatali, fui nominato assessore all’urbanistica ed edilizia privata".
Era il tempo in cui si andavano moltiplicando i progetti, le idee per il recupero della Darsena.
"Un tema talmente complicato che non se ne vede la soluzione. Nel senso degli interventi dei privati, intendo. Basta pensare che si tratta di un’area di 140 ettari, di cui solo una minima parte di proprietà pubblica o demaniale e per il resto divisa fra 44 proprietari. Della ristrutturazione di questa enorme area ex portuale si cominciò a parlare nel 1989 con il progetto Marmarica presentato da Cmc, gruppo Ferruzzi, Iter e Cepra. Un piano che peraltro a grandi linee fu ripreso nel Prg del 1993".
Poi ne arrivarono altri, studi, piani, idee...
"Nel mio libro di 15 anni fa, ‘Il mare dentro’, li illustro tutti, dal ‘Ravenna 2000’ presentato dalla Camera di Commercio con progetto di Aymonino al master plan dello studio Boeri, al ‘Manifesto per la nuova Darsena’, dai piani dell’Autorità Portuale al ‘Darsena II’ ad opera di un gruppo di imprenditori, nel 2006. Tutti con proposte opposte a quelle pubbliche. Finalmente siamo riusciti a mettere fine a questo ping pong fra pubblico e privato e il Comune è stato bravo a trovare i finanziamenti per gli interventi di propria competenza, l’interramento dell’elettrodotto, gli interventi lungo via D’Alaggio, gli usi temporanei e altro".
Un risultato si è raggiunto: i ravennati stanno scoprendo il porto canale.
"Era il nostro principale obiettivo, portare gente in Darsena. Ora non resta che attendere che i privati si facciano avanti...ma non è semplice!".
Lei rimase assessore anche con Matteucci.
"Per una parte del mandato, abbiamo chiuso il Piano strutturale comunale, quello che prevedeva, fra le tante cose, il completamento della cintura verde con il Parco Baronio e anche l’estensione dell’area portuale verso Porto Fuori che guai giudiziari ha arrecato a molti amministratori, me compreso, e dai quali siamo usciti pulitissimi con il giudice che ha duramente bacchettato la Procura".
E adesso il nuovo libro, sui Prg di Ravenna a partire dagli anni Quaranta.
"Un’operazione dovuta perché senza memoria del passato non si può comprendere il presente e operare al meglio per il futuro. Ravenna ha affidato la stesura dei Prg a fior di architetti. A cominciare da quando il podestà a fine ‘41 incaricò Domenico Filippone di redigere un piano per lo sviluppo della città. La guerra bloccò tutto, ma il piano tornò utilissimo per la ricostruzione a partire dal ‘45. Poi il Prg di Ludovico Quaroni dei primi gli anni 60 con i suoi americanismi, i ‘grattacieli’, la ‘magniloquente ipertrofia’, gli insediamenti residenziali sul litorale con previsioni di sviluppo pari a una metropoli".
Fortunatamente molti errori furono corretti con il Prg del 1973...
"Venne alla luce così il Prg redatto dall’ingegner Marcello Vittorini, provvisto di una variante che entrò subito in vigore per correggere errori macroscopici, poi il piano della qualità del 1983 voluto dal sindaco Angelini, quindi quello del ‘93 al cui interno, oltre alle idee per il recupero della Darsena, troviamo ad esempio il museo e il parco archeologico di Classe. E poi il Piano strutturale comunale, come si è poi chiamato il Prg, del 2003 redatto con contributi esterni di autorità come Gianluigi Nigro ed Edoardo Preger, che delinea dettagli per la Darsena e norme per gli accordi fra pubblico e privato, cui seguono i piani operativi del 2011 e 2018".
Carlo Raggi