Ponte Rosso, dopo 30 anni è pieno di ‘ferite’

Rifatto l’asfalto ora si interviene sulle strutture, il ferro di piloni e travi si è gonfiato di ruggine facendo esplodere il cemento

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Sono passati poco meno di trent’anni (27 per la precisione) e il ‘Ponte Rosso’ ha di nuovo bisogno di interventi di manutenzione nelle strutture: il confronto fra le foto del 1995 e quelle odierne è implacabile, ora come allora il ferro dei piloni e delle travi si è gonfiato di ruggine e ha fatto esplodere il cemento. Neanche trent’anni è forse un tempo troppo breve come intervallo fra gli interventi, per una struttura destinata a sopportare carichi enormi in piena sicurezza. Rifatto l’asfalto, si lavora per ‘curare’ le ferite dei piloni e delle travi con fibre di carbonio e resina e dal 25 al 30 luglio si lavorerà attorno ai giunti.

Resta fuori l’installazione di un nuovo e robusto guard rail al posto di quello esistente, fragile, contorto e in certi tratti pericolosamente mancante: un apposito appalto per più sicure barriere è previsto a breve. Gli attuali lavori alle strutture erano programmati per il 2020 quando invece il Comune fu costretto a risolvere il contratto con l’impresa incaricata, per gravi inadempienze contrattuali. La ditta, di Salerno, aveva offerto un ribasso del 30,99 per cento, considerato congruo dal responsabile del procedimento pur a fronte del dato ritenuto anomalo, e si era così aggiudicata i lavori per la somma di 145mila euro Iva compresa. Ma i lavori non li ha mai iniziati. La Modiglianese è una provinciale di gran traffico, anche pesante, fondamentale per i collegamenti della vallata dell’alto Forlivese con l’area autostradale faentina ed è evidente che oggi quel ponte mostra tutti i limiti (pur attenuati dagli interventi del ‘95) collegati a un (ardito) progetto, dell’ingegnere Giulio Marcucci, che risente del tempo in cui fu messo in pratica, il 1946: i tedeschi in ritirata avevano fatto saltare il precedente. Tanto che il 5 giugno di due anni fa quando si incontrarono i sindaci di Faenza, Malpezzi e di Modigliana, Dardi, per discutere delle modalità operative dei lavori per non ‘isolare’ la vallata del Marzeno (lavori poi sospesi), fu evidenziata la necessità di realizzare in futuro una struttura del tutto nuova. Un discorso lasciato poi cadere, ma il tema resta: 77 anni appaiono molti per quel ‘Ponte Rosso’ troppo stretto eppur destinato a reggere un traffico anche pesante sempre in aumento.

La strada lungo la vallata del Marzeno e che conduce a Modigliana e poi a Tredozio ha origini romane e lì sul Lamone, alla periferia dell’abitato, un ponte c’è sempre stato a servizio anche del vicino monastero dei Vallombrosani di cui si ha memoria dal 1250. Chiamato ‘Ponte d’Arco’, cadde in rovina e nel 1782, come ricorda lo storico Giorgio Cicognani, fu ricostruito in legno dagli ebanisti faentini Francesco e Giuseppe Sangiorgi, padre e figlio. E fu allora che prese il nome di ponte Rosso dal colore dato al legno. Rifatto in muratura, fu minato dai tedeschi e ricostruito a fine guerra: una leggera struttura in cemento armato con un unico grande doppio arco a riprendere l’antica fattezza, doppi marciapiedi e con le protezioni laterali fatte di colonnine in cemento e ringhiera in ferro. Negli anni è stata modificata la protezione laterale, prima come ringhiera in ferro e poi con l’attuale, inadeguato guard rail; nel 1988 la realizzazione della passerella ciclo-pedonale laterale, che permise un modesto allargamento della sede stradale guadagnando lo spazio dei marciapiedi. Sotto la passerella fu collocata poi la canalizzazione dell’acquedotto che porta a Faenza l’acqua di Ridracoli. Contemporaneamente fu installato il semaforo. Nel 1995, iniziarono i lavori di consolidamento delle fondamenta dei piloni, con imponenti gettate di cemento, e dell’impalcato con l’aggiunta di colonne e travi in ferro. Ancora lavori ai giunti nel 2006, nel 2019 fu collocato diversamente l’impianto semaforico.

Carlo Raggi