È un amaro conto alla rovescia quello che separa la Prink dal 14 ottobre, il giorno in cui l’azienda di stampanti, toner e cartucce dovrebbe presentare un piano industriale per uscire dalle secche in cui è precipitata con la richiesta di concordato. Il condizionale è d’obbligo: ad oggi nessuno – né i lavoratori, né le istituzioni, né i sindacati – ha avuto rassicurazioni sufficienti a convincerlo che quel piano sia stato effettivamente redatto. Fino ad ora l’azienda, da quanto emerge, ha avuto un incontro con l’Amministrazione comunale di Castel Bolognese, la quale ne ha poi avuto uno a sua volta con Cgil e Uil. Riunioni decisamente interlocutorie, cui sarebbe dovuto seguire un attesissimo confronto con i commissari individuati dal tribunale nella cornice della richiesta di concordato con continuità aziendale: "Ma l’appuntamento è stato annullato pochi minuti prima del videocollegamento", spiega amareggiata Tecla Andreola per la Filcams Cgil. "A prescindere dall’obiettivo più volte ribadito della continuità aziendale, quello che vogliamo capire è se siano previsti esuberi".
Non è l’unica domanda che tormenta i circa sessanta dipendenti dell’azienda, ansiosi di avere conferme, oltre che per le future mensilità, anche per quanto riguarda gli eventuali capitoli dedicati alle spettanze di fine rapporto. Attualmente i dipendenti dell’azienda lavorano con un ritmo di alcuni giorni a settimana: solo le giornate di lavoro sono a carico dell’azienda – le mensilità relative ad agosto sarebbe a quanto pare state saldate – mentre le rimanenti ricadono nel perimetro della cassa integrazione (i primi bonifici dall’Inps devono però ancora arrivare). Alcuni dipendenti hanno nel frattempo già dato le dimissioni: quantificarne il numero è al momento complicato ma, stando a quanto emerge, questa circostanza avrebbe avuto un certo impatto sui vari reparti. La situazione insomma è rimasta pressoché cristallizzata a quella di un mese fa, quando divenne nota la richiesta di concordato depositata dall’azienda, con l’obiettivo di congelare la situazione davanti ai creditori e di ottenere per i dipendenti un anno di cassa integrazione. In assenza di risposte, in particolare qualora il 14 ottobre non venisse presentato un vero piano industriale, lavoratori e sindacati non escludono di dare vita ad azioni plateali, come ad esempio una manifestazione davanti ai cancelli dell’azienda, posti proprio sulla via Emilia. Sembra avere la consistenza della nebbia anche il vociferato investitore o acquirente che sarebbe entrato in un qualche tipo di trattativa con la dirigenza: di lui non trapela nulla, neppure se si tratti di una realtà italiana o estera.
Filippo Donati