Processo Cagnoni, il giorno della sentenza. Rischia il carcere a vita

L'avvocato del dermatologo conclude l’arringa difensiva, poi la camera di consiglio AGGIORNAMENTO / Ergastolo per il dermatologo

Matteo Cagnoni

Matteo Cagnoni

Ravenna, 22 giugno 2018 - Oggi Matteo Cagnoni conoscerà il suo destino. Il 53enne dermatologo è imputato dell’omicidio pluriaggravato (da crudeltà e premeditazione) della moglie, la 39enne Giulia Ballestri ammazzata la mattina del 16 settembre 2016 a bastonate dentro la villa di famiglia da tempo disabitata di via Genocchi. Per lui il pm Cristina D’Aniello ha chiesto l’ergastolo più l’isolamento diurno per un anno.

AGGIORNAMENTO / Ergastolo per il dermatologo

Il giorno più lungo per Cagnoni si aprirà verso le 9 con il primo dei suoi avvocati, Giovanni Trombini, che concluderà la sua arringa, durata sin qui circa sette ore, concentrandosi su un preciso aspetto delle indagini: il contenuto gastrico della defunta. L’obiettivo è probabilmente quello di ricollocare più avanti l’orario della morte della 39enne rispetto a quello fissato dall’accusa, quando cioè l’imputato era già lontano dalla scena del crimine. A seguire, prenderà la parola il co-difensore Francesco Dalaiti il quale si concentrerà su un aspetto particolare: le contestate aggravanti. E, in caso di eventuale condanna, saranno proprio queste a fare la differenza visto che il nostro codice punisce l’omicidio del coniuge con una pena massima di trent’anni.

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Considerando che i due legali possano parlare in totale per almeno tre o quattro ore, in tarda mattinata o nel primissimo pomeriggio l’iniziativa tornerà nella mani del pm. Che potrebbe decidere di replicare: e in questo caso tutte le altre parti a seguire potrebbero prendere la parola. Oppure potrebbe decidere di non farlo: e allora la corte si ritirerebbe subito in camera di consiglio per uscirne solo con una sentenza in mano. Alla luce dell’ingente materiale raccolto in questo processo, è davvero ridotta, ma pur sempre esistente almeno sulla carta, la possibilità che i giudici escano invece con un’ordinanza per chiedere di riascoltare qualche testimone o per disporre perizie tecniche. All’imputato, come di prassi, il presidente della corte, poco prima di ritirarsi, offrirà la possibilità di rivolgersi direttamente ai giudici. Un invito che Cagnoni quasi certamente non declinerà, per poi sostenere quanto ha sinora sempre detto: che lui è innocente.

Dal punto di vista tecnico, la corte d’assise è composta in totale da otto giudici: due togati e sei popolari. Questi ultimi sono stati estratti a sorte tra i cittadini iscritti in un apposito albo comunale. I requisiti sono la cittadinanza italiana, la buona condotta morale, il diploma di licenza media inferiore e un’età compresa tra i 30 e i 65 anni. La corte è presieduta da un giudice togato (in questo caso Corrado Schiaretti); accanto a lui c’è un altro togato indicato come giudice a latere (Andrea Galanti). Entrambi indossano la toga mentre i popolari sono contraddistinti da una fascia tricolore. Tutti e otto assieme formano un unico collegio e decidono in maniera congiunta, contribuendo alla sentenza con parità di voto. Non è necessario che la decisione sia unanime. E nel caso di parità, prevarrà la sentenza più favorevole all’imputato.

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