SARA SERVADEI
Cronaca

Pronto soccorso, mancano i medici. Specialisti in prestito da altri reparti

La soluzione tampone per gestire gli accessi in crescita. Il primario: "Molto difficile reclutare altro personale"

Pronto soccorso, mancano i medici. Specialisti in prestito da altri reparti

Pronto soccorso, mancano i medici. Specialisti in prestito da altri reparti

Ravenna, 9 novembre 2023 – Gli accessi sono aumentati, il personale è sempre poco. Da un lato 65mila ingressi tra gennaio e settembre, il 6,9% in più rispetto all’anno scorso. Dall’altro i medici che dovrebbero essere 35 e invece sono 23.

La sofferenza del Pronto soccorso si legge anche nei numeri: è dalla difficoltà nel prendersi cura di così tante persone che nascono le lunghe attese. E così nel tempo le soluzioni emergenziali sono diventate la norma, con tutte le carenze del caso: "Abbiamo la fortuna di avere un innesto di medici a partecipazione estemporanea – spiega il primario del reparto, Andrea Strada –. Sono medici in formazione, specialisti di altri reparti... Persone che ci aiutano con un contributo variabile mensile, oltre alla propria attività. Vengono a fare dei turni nei fine settimana o di notte, così tamponiamo la carenza di specialisti in pianta organica fissa". È da circa un annetto che esiste questa situazione di ’medici in prestito’: "È un provvedimento tampone ma le persone chiedono di poter lavorare meglio – prosegue Strada –. Il nostro è un lavoro appassionante, ma se sei da solo con trenta pazienti diventa dura". Del resto la crisi dei medici di Pronto soccorso è generale. "Di concorsi ne avremo uno anche a dicembre, se ne fanno. La macchina amministrativa mette in campo gli sforzi, ma allo stato attuale è molto difficile reclutare medici per l’emergenza-urgenza. Noi ora abbiamo bisogno di braccia, di persone qualificate che si dividano il lavoro. La formazione è lunga e nel frattempo non si può massacrare qualcuno di turni, altrimenti si stanca e se ne va".

Lunghe attese

Dall’altro lato ci sono le lunghe attese, con persone spazientite che talvolta arrivano all’aggressività verbale (e più di rado a quella fisica). "Io penso che sia salito il livello dell’aggressività a livello globale – prosegue Strada –. Le persone rispetto al passato hanno meno filtri e più rabbia, hanno reazioni inconsulte poi si pentono e si prostrano per scusarsi. Diventa la battaglia a chi è più sofferente, mentre è sempre meglio attendere: significa che probabilmente alla fine del percorso in Pronto soccorso si tornerà a casa. Stiamo lavorando anche con i colleghi di Psichiatria comunque, perché talvolta il disagio delle persone non viene intercettato. In generale le persone percepiscono il Pronto soccorso come una risposta a bassa soglia, senza troppi filtri: si visitano tutti, l’unico ostacolo sono le ore di attesa. Per una grossa fetta di popolazione il tema sono il disagio psicologico, economico e sociale. Penso anche agli anziani che si fanno male e all’improvviso, da autonomi che erano, vanno gestiti".

Abbandoni

Tanti sono anche gli abbandoni, ovvero coloro che dopo ore di attesa decidono di andarsene senza aver ricevuto assistenza. "Normalmente la percentuale si aggirerebbe sul 56% – dice Strada – ma noi ci stiamo assestando sul 10%. In generale i tempi di processo vanno ben al di sopra delle 67 ore definite dalle indicazioni regionali, e in alcuni Pronto soccorso d’Italia ci possono volere anche 67 giorni per ricoverare qualcuno. Così si generano i ’ricoveri ombra’: pazienti che trovano un letto ma restano al Pronto soccorso, in un ambiente promiscuo, e vengono dimessi dopo esservi rimasti giorni. Questa è la cifra del sistema in crisi".