Provano a liberare casa ma finiscono indagati

Avevano comperato l’immobile a Faenza ma dentro c’era una occupante senza titolo che ha denunciato per le scampanellate

Provano a liberare casa ma finiscono indagati
Provano a liberare casa ma finiscono indagati

Quella casa a Faenza era stata comperata con tanto di contratto firmato davanti al notaio. Tutto nero su bianco: quanti vani, quanti soldi e in quanto tempo. Con un ulteriore punto da onorare: chi vendeva, si impegnava a consegnare libero l’immobile da persone e cose entro il 31 dicembre scorso. Una clausola comune a tante compravendite che però nel nostro caso ha finito con l’alimentare una vicenda decisamente singolare. Perché alla fine gli acquirenti - padre e figlio di origine straniera tutelati dall’avvocato Nicola Laghi - si sono ritrovati indagati per stalking ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni nei confronti di chi ha occupato senza titolo l’immobile. Ovvero una parente della donna che aveva venduto la casa: e quest’ultima, visto l’impasse, da gennaio peraltro si è ritrovata a dovere pagare, così come prevedeva l’atto di compravendita, una penale di 1.500 euro al mese per il ritardo della consegna della casa libera da tutto.

La vicenda ha assunto un rilievo penale perché, almeno secondo quanto lamentato da chi sta ora nella casa, l’insistenza dei legittimi proprietari avrebbe ingenerato in lei "timore fondato per la propria incolumità" tale da "indurla ad alterare le proprie abitudini di vita".

Ovvero il 3 gennaio padre e figlio si erano presentati sotto casa per reclamare il loro. Il 25 gennaio, incrociandola in un supermercato, le avevano detto che le avrebbero mandato "alcuni parenti a dormire nell’appartamento visto che lo avevano comperato". Il 5 marzo nuova sortita alla casa con veemente scampanellata durata per diversi minuti con il notorio proposito: ottenere la liberazione della casa legittimamente comperata. In quel contesto, sarebbero stati anche eliminati i vecchi nomi dal campanello. E poi ancora il 2 maggio nuova richiesta per liberare la casa, anche questa volta caduta nel vuoto. Il 30 giugno l’ultimo degli episodi fin qui lamentati: un appostamento sotto casa di una parente dei due indagati seguito da frasi inquadrate come di esplicita minaccia.

Gli indagati sono già stati sentiti dai carabinieri ricordando in buona sostanza il contenuto del contratto e ammettendo che in effetti erano andati a suonare il campanello della occupante: a quel punto era stato detto loro che lei non poteva uscire perché la vecchia proprietaria le doveva 24 mila euro. Era giunta una gazzella e i militari avevano cercato di ricomporre la questione. È stato anche riferito che la vecchia proprietaria in una occasione era andata all’abitazione per staccare le utenze. Chissà , forse un tentativo di arrivare a una soluzione immediata senza dovere più pagare penali. Di fatto, l’ultimo atto della vicenda è arrivato dagli indagati: una denuncia in procura per invasione di edificio.

a.col.