Quando Ravenna era "la New York d’Europa"

Il libro dell’archeologa Herrin analizza la città al tempo dell’impero bizantino attraverso i suoi protagonisti, da Galla Placidia a Carlo Magno

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L’anno scorso l’amico Arnaldo Benini, che da anni vive in Svizzera ma con le antenne sempre puntate verso la ’sua’ Ravenna, mi segnalò l’uscita di un libro dell’archeologa e studiosa di storia bizantina Judith Herrin, rammaricandosi del fatto che in città la notizia fosse passata sotto silenzio. Ora, però, grazie anche al suo interessamento, il libro è uscito in traduzione italiana con il titolo ’Ravenna. Capitale dell’impero, crogiolo d’Europa’ (Rizzoli), un tomo di quasi quattrocento pagine che ogni ravennate dovrebbe mettere nella propria biblioteca per capire l’importanza di una città che, secondo una citazione dello storico van Loon riportata dallo stesso Benini, nel V secolo era una città più importante della New York di oggi. Non solo, infatti, era la capitale dell’Impero romano d’occidente, ma ospitava anche un’enorme guarnigione, era la massima base navale dell’epoca e il suo porto stentava a soddisfare le esigenze dell’importazione del legname.

Il libro racconta la storia di Ravenna attraverso i suoi grandi protagonisti, da Galla Placidia agli arcivescovi, da Teodorico a Giustiniano per concludersi con Carlo Magno che si fermò a Ravenna durante il suo viaggio di ritorno in Francia con l’intenzione di far incetta di colonne, capitelli e marmi per decorare la reggia che era sua intenzione costruire ad Aquisgrana e che, ispirato dalla visione della nostra basilica di San Vitale, volle erigere con la pianta ottagonale.

Entusiasta di Ravenna e della sua storia forse più di quanto non lo siano i ravennati stessi, Herrin scrive: "Se non avete mai visitato la città di Ravenna, vi siete persi un’esperienza meravigliosa, un piacere straordinario che questo libro aspira a ricreare". Un grande messaggio promozionale per una città che vanta patrimoni artistici unici al mondo. A partire dai suoi mosaici che, utilizzati in modo nuovo, ornano le absidi e le pareti delle chiese con il loro messaggio che esprime la profondità della fede, ma anche la maestà imperiale. Emergono da queste pagine anche aspetti poco noti, ma non per questo meno importanti.

Ravenna, infatti, oltre ad essere stata un crogiolo per l’Europa nel quale popoli di diverse culture e costumi si sono fusi, è stata anche un importante centro medico. Il suo esponente maggiore fu l’archiatra Agnello il cui insegnamento, come ha scritto Benini, anticipò l’orientamento delle neuroscienze cognitive. Un libro eccezionale che farà sicuramente riscoprire ai ravennati l’orgoglio di appartenere a una città che, in quanto centro dell’arte paleocristiana, non ha uguali.

Franco Gàbici