
La copertina del libro su Ramelli
A cinquant’anni dall’omicidio a Milano di Sergio Ramelli, studente di 18 anni militante del Fronte della Gioventù, in un agguato dei capibastone di Avanguardia operaia, è uscita la decima edizione del libro scritto dal giornalista Guido Giraudo, insieme ad Andrea Arbizzoni, Giovanni Buttini, Francesco Grillo e Paolo Severgnini. Si intitola infatti ‘Sergio Ramelli, una storia che fa ancora paura’, e sarà presentato questa sera alle 18.30 al Salone dei Mosaici di via IX Febbraio 1 a Ravenna. L’incontro è promosso dall’associazione Tessere del Novecento.
Giraudo, il vostro libro è stato il primo sul ‘caso Ramelli’. Come vi siete documentati?
"Il nostro lavoro nasce nel 1997, quindi qualche anno dopo la conclusione del processo agli assassini di Sergio, arrestati ben 10 anni dopo i fatti. Si basa su tre pilastri: gli atti dei magistrati inquirenti; gli articoli dei giornali del tempo che contengono anche le testimonianze degli imputati e il racconto della mamma di Sergio che fa da ‘filo rosso’ all’intera narrazione".
Chi era Sergio Ramelli?
"Un ragazzo come tanti suoi coetanei, che amava il calcio, giocava in una squadra di quartiere, aiutava in oratorio, aveva una fidanzata e girava in motorino. A differenza di altri, però, aveva idee diverse da quelle del conformismo filocomunista di quegli anni di piombo: era legato alla famiglia, all’idea di Patria, voleva poter studiare liberamente e detestava il clima di violenza e sopraffazione quotidiana che si respirava sia scuola che in città".
Cosa l’ha colpita in questa storia?
"Credo sia quello che colpirà anche chi legge: ovvero il racconto che fanno i magistrati della personalità e del comportamento, degli appartenenti al commando assassino. Erano tutti studenti in medicina, consapevoli quindi di cosa significa colpire al capo con una chiave inglese da 3 chili, ma che anche dopo la morte di Sergio continuarono ad aggredire e pestare. Giovani, anche anni dopo i fatti, "in difficoltà nell’accettare pienamente il ‘lato buio’ della loro militanza e cioè, in sintesi, l’assenza del principio di tolleranza delle idee altrui", come scrive il giudice Salvini, "giovani vigliacchi che agirono nel nome di chissà quali principi", rincara il Pubblico Ministero, Maria Luisa Dameno".
Perché la storia di Sergio Ramelli fa ancora oggi paura?
"Per anni Sergio è stato il martire di una generazione di militanti di destra. Oggi è diventato molto di più: è il simbolo di chiunque abbia il coraggio di esprimere liberamente le sue idee. Questo spiega perché il suo ricordo sia ormai uscito dai confini milanesi diventando un patrimonio della memoria nazionale. C’è però un ma…".
Quale?
"La reazione inconsulta di una sinistra estrema e ancora violenta. Mentre l’intero Paese lo ricorda con l’emissione di un francobollo, intitolazioni di vie e piazze, decine di convegni e presentazioni, c’è chi imbratta, sfregia o ruba le targhe, chi contesta le celebrazioni, chi non vuole in nessun modo ammettere che, se si vuole conoscere la storia, deve essere la storia di tutti e non solo quella di una parte".
Roberta Bezzi