REDAZIONE RAVENNA

Rapina al Banco Oro. Il dna sulla felpa è suo. Ma assolto lo stesso

L’indumento era stato recuperato in un cassetto nei paraggi. Per i magistrati non raggiunta la prova che l’imputato si trovasse lì.

Corrispondeva proprio al suo il dna trovato su quel maglioncino gettato in un cassetto non distante dal negozio rapinato. E in effetti la commessa aveva descritto un abbigliamento analogo. Il reperto in questione era stato però distrutto prima che la testimone lo potesse riconoscere. Inoltre non era stata ascoltata la donna che aveva contribuito a ritrovarlo tra i rifiuti.

E così per l’unico imputato - un 34enne siciliano difeso dall’avvocato Brunella Baruzzi -, alla fine il collegio penale del tribunale, martedì scorso ha pronunciato un’assoluzione perché "il fatto non sussiste". La stessa procura del resto ne aveva chiesto l’assoluzione sebbene con la cosiddetta formula dubitativa (cioè per prova insufficiente o contraddittoria). La difesa aveva chiesto assoluzione piena.

I fatti risalgono al 7 maggio 2014. Quel giorno al Banco Oro di via Monfalcone, era stato preso di mira da due malviventi mascherati. I due - secondo quanto poi testimoniato dalla commessa - l’avevano avvicinata da tergo mentre lei attorno alle 16 stava riaprendo dopo la pausa pranzo. I due indossavano una felpa con cappuccio: e per rendere ulteriormente difficile il loro riconoscimento, si erano probabilmente calati una calza scura sulla faccia. Uno era rimasto sempre in silenzio e l’altro - aveva ricordato la testimone - aveva accento straniero. Proprio quest’ultimo, peraltro con felpa simile a quella con il dna sospetto, le aveva puntato un cutter alla gola. Sotto quella minaccia, lei era stata portata davanti al cassetto e alla cassaforte. Bottino: 1.047 euro in contanti e mezzo chilo d’oro. E poi la fuga. L’allarme non era scatto perché era già stato disinserito per l’aperture. Le videocamere di sorveglianza non erano state ancora attivate. E le uniche immagini disponibili, da una banca lì vicino, non avevano fornito elementi utili. Però poco dopo una donna aveva chiamato gli inquirenti per riferire di avere notato due uomini gettare con modi sospetti le loro felpe in un cassonetto nei paraggi. Sembrava la svolta: ma il dna isolato, non aveva portato a nessun nome. Uguale a indagine archiviata. Fino al 2018 quando il 34enne era stato arrestato per altri fatti: dalle banche dati, il suo dna aveva poi restituito piena corrispondenza con quello della felpa di Ravenna.

Uguale a riapertura del fascicolo e conseguente rinvio a giudizio. Ma nel corso del processo è emerso che, sebbene alla luce di quella suggestiva traccia genetica, non era stata raggiunta la prova che il sospettato effettivamente si trovasse quel giorno sul luogo della rapina.

Andrea Colombari