Restituire l’importanza della poesia ’autentica’ e dei sentimenti

di Nevio Spadoni

Una studentessa del liceo scientifico di Ravenna mi ha chiesto in una intervista per il giornalino d’Istituto se il dialetto è efficace nel catturare la sensibilità dei giovani per la poesia. Vorrei innanzitutto precisare che, se la poesia è autentica, ciò che conta è il contenuto, mentre lo strumento linguistico è secondario. Come ebbe a scrivere Thomas Stearns Eliot (Dante, 1929): "La vera poesia può comunicare anche prima di essere capita". Quanto al dialetto, ormai questo vecchio pregiudizio di considerarlo lingua minore è stato abbondantemente superato dalla critica, perché ci sono opere dialettali di alto livello poetico. E se uno non lo capisce, può sempre affidarsi alla traduzione. Inoltre, il termine catturare non mi garba, lo trovo inadeguato, piuttosto occorre escogitare il modo di coinvolgere, sì che anche un giovane apprezzi la poesia. Inutile dire quanto sia importante soprattutto oggi; essa è respiro, vita, e in certi casi cura dell’umana fatica.

Mi piace riportare quanto il teologo Olivier Clément ha scritto: "La poesia, più in generale l’arte, ci risveglia: essa ci cala più in profondità nell’esistenza, fa di noi degli uomini e non delle macchine. Rende solari le nostre gioie e laceranti le nostre ferite, ci apre all’angoscia e alla meraviglia". Se gli insegnanti riuscissero a far amare la poesia, perché di amore si tratta, quanto bene in più farebbero ai loro studenti. Ai miei tempi, (ormai debbo dire così), s’imparavano le poesie a memoria, fra l’altro anche alcuni canti della Divina Commedia. Allora non condividevo questo metodo; oggi ricordo ancora con piacere quei versi che mi hanno accompagnato per tutta la vita e mentalmente me li ripeto e custodisco gelosamente.

Contrariamente al filosofo tedesco Adorno che ha sostenuto che dopo Auschwitz non ci può essere più poesia, vorrei dire che oggi più che mai è necessaria per restituire all’uomo l’importanza dei sentimenti, in un tempo di mercificazione, d’incertezze e di nuove barbarie.