Roberto, un vero uomo del rinascimento degli anni 60

di Filippo Bianchi *

Quella del mio fraterno amico Roberto Masotti è stata una gran vita, per molte ragioni. Soprattutto perché l’ha spesa a cercare le bellezza. L’ha trovata molto presto, in sua moglie Silvia, e successivamente in cose e persone in cui la bellezza non era così immediatamente evidente. L’ha trovata anche in cose che per i più non erano affatto belle, anzi, ma questo gli ha dato insaziabile gioia e soddisfazione. Non certo per una snobistica mentalità da happy few, quanto perché, come ogni grande fotografo, aveva occhi per vedere ciò che altri non vedono. In più aveva anche orecchie per ascoltare ciò che non tutti amano ascoltare, spesso solo per mancanza di concentrazione, o di voglie, o di curiosità.

Negli anni ’70, quando ero a Milano, andavo spesso a dormire a casa di Roberto e Silvia. Una volta mi capitò di sfogliare una rivista (mi pare fosse “Scena”) in cui c’erano sue foto di musicisti che solo a guardarli ti veniva voglia di sentirli. Una su tutte: Han Bennink che suonava un piatto indossato in testa a mo’ di vecchio elmetto inglese. Così è iniziato per me un viaggio davvero avventuroso che dura ad oggi. Qualche tempo fa gli ho ricordato che a lui dovevo la scoperta della free music europea. Ho aggiunto che non sapevo bene se fosse una benedizione o una disgrazia, ma giunti a questo punto non me ne fregava niente e andava bene così.

Vero uomo del Rinascimento anni ‘60, i suoi interessi investivano qualsiasi campo dell’espressione musicale e artistica in generale. E il mondo deve essergli grato di averlo oltretutto documentato con immagini che restano negli occhi e nella coscienza di molti.

Non lo spaventavano di certo le espressioni più “popolari”, ma andavano bene anche opere amate da quattro o cinque persone in tutto. Quella qui riprodotta, ad esempio. Si intitola “Proposta per un nuovo uso del materiale musicale” ed era visibile sulla porta del mio studio, che sto per lasciare dopo più di mezzo secolo. Nella busta di un lp di Willem Breuker a forma di gigantesco cartoccio di patate fritte si trovavano partiture autografe di Charles Mingus, Gil Evans, John Tchicai, Misha Mengelberg e altri. E’ come si può vedere un work in progress, proprio come la vita di Roberto Masotti, e, nel mio piccolo, anche la mia.

Quanto mi mancherà l’ho capito già oggi. Domani lo capirò meglio e poi ancora di più.

* Giornalista, ex direttore

di Musica jazz