Sant’Apollinare veglia sulla città da più di 5 secoli

Da più di cinque secoli, e precisamente dal 1483, sant’Apollinare veglia sulla città dall’alto di una delle due colonne veneziane della piazza del Popolo ma nell’estate del 1866 il nostro patrono se la vide brutta perché un fortissimo vento fece inclinare la colonna e per poco non precipitò dal suo piedistallo. La colonna venne subito puntellata alla bell’e meglio con delle vecchie travi e dal momento che i lavori di sistemazione tardavano, una cronaca del tempo scriveva: “Vorranno i ravennati qualcosa che assomigli alla torre di Pisa?”. Niente da fare. Dopo nove mesi le vecchie travi erano ancora a sostegno della colonna e allora alcuni cittadini le ornarono con delle fronde per far sapere a chi di dovere che quelle travi avevano fatto in tempo a mettere le foglie! E andavano dicendo: “Cosa dirà Sant’Apollinare al vedere che la sua protezione è tenuta in così poco conto?”. Provveda dunque il Municipio sennò di questo passo le travi faranno a tempo a fare anche i frutti!

Sfogliando le cronache del tempo mi sono imbattuto in uno strano rito che veniva effettuato in onore del nostro patrono e che consisteva nell’innaffiare alcune strade con acqua mista a sangue di bue per ricordare il martirio del santo e il cronista di allora si augurava che quel rito venisse sospeso essendo “a danno della vista, dell’odorato e della pubblica igiene”. Ma c’è un’altra curiosità legata al nostro patrono. Pompeo Salvi, un monaco conventuale di Ferrara, nel 1665 riunì in volume ben cinquecento anagrammi di argomento religioso e uno di questi è dedicato ad Apollinare. Una scheda di Santi Muratori riporta la frase Beatus Apollinaris Episcopus et Martyr “stupidamente” anagrammata così: A Lupis tibi nacemi paras; solare ut prosit. Altre curiosità sono legate al nostro patrono. Serafino Pasolini, alla fine del Seicento, scrive nei suoi Lustri ravennati che in San Giovanni Evangelista è conservato il bastone con il quale fu martirizzato il patrono. Nella chiesa di Sant’Eufemia, invece, secondo un’altra fonte, sarebbe stato ritrovato lo strumento che Apollinare usava quando battezzava. L’unica reliquia ancora oggi conservata è invece il “santo sassolo”, custodito nella nostra cattedrale. È il frammento di una colonnetta di color verde che secondo la tradizione fu raccolto nel luogo dove fu lapidato sant’Apollinare. Olindo Guerrini gli dedicò un sapido sonetto mentre un pittore lo ha immortalato nella pala che sta dietro l’altare di San Biagio.

Franco Gàbici