"Senza casa e auto, ci sentiamo abbandonati"

A quasi sei mesi dall’alluvione ancora una sessantina di famiglie sfollate: "Dobbiamo aspettare, ma non si può mettere la vita in pausa"

"Senza casa e auto, ci sentiamo abbandonati"

"Senza casa e auto, ci sentiamo abbandonati"

Fuggiti dalle loro case sventrate dalla fiumana, salvati in elicottero o in gommone dai soccorritori. L’odissea degli sfollati faentini continua ancora oggi. A quasi sei mesi di distanza dagli eventi di maggio la vita di una sessantina di nuclei familiari è ancora in stand-by, appesa al filo della speranza che risponde al nome di ristori. C’è infatti chi, non potendo contare su altro, è costretto ancora oggi in una camera d’albergo, o chi invece è ridotto a vivere nell’unica cosa che l’alluvione non gli ha portato via: un camper. L’hotel Cavallino a Faenza è al servizio di tutti loro. Gli automuniti sono stati indirizzati all’hotel B&B vicino al casello autostradale, o in altre strutture d’accoglienza. Il Cavallino però resta per tutti il fulcro della quotidianità. Lì si consumano tutti i pasti, lì vivono ancora una cinquantina di persone. "Ci sono famiglie con bambini, e persone anziane con problemi di salute. Tutti senza auto – spiega Silvia Dal Santerno –. Ci sentiamo completamente abbandonati, non sappiamo nulla su tempi e decreti, non sappiamo cosa fare. Finora sono state spese parole, rassicuranti ma pur sempre parole. Io abitavo in via Carboni, i muri di casa mia devono ancora asciugarsi e non ho un altro luogo dove andare. Con cinquemila euro non posso fare granché. La macchina? L’ho persa nell’alluvione, io che se posso mi muovo in bicicletta se il tempo lo permette, ma qui in albergo ci sono persone che non possono nemmeno raggiungere la fermata del Green Go Bus: di fatto siamo isolati qui". Chi necessita di visite mediche o di sostenere esami in ospedale "viene accompagnato da qualche familiare automunito se ce l’ha, molte volte però sono i gestori dell’albergo a offrirsi per i trasferimenti. Siamo molto grati a loro, per il resto qui non si è più visto nessuno da due mesi, a parte alcuni volontari di Emergency che vengono qui per parlare una volta alla settimana".

La mensa è a cura di una cooperativa specializzata. Si mangia agli orari prestabiliti, e chi arriva più tardi perché magari è al lavoro "mangia ciò che rimane, ma è il minore dei problemi – spiega un altro ospite che vuole rimanere anonimo –. Siamo un po’ esauriti, stanchi". "Le problematiche sono tante e non puntiamo il dito verso nessuno – aggiunge Davide – però vorremmo sapere come la situazione sarà risolta o perlomeno capire che strada siamo prendendo. Cosa possiamo fare noi come cittadini? Noi eravamo in affitto e la casa dove vivevamo in via Fratelli Bandiera è ancora come l’abbiamo lasciata perché il proprietario non ha fatto alcun lavoro". Molti sono sfiduciati: "I primi ad andare via sono stati coloro che avevano fatto domanda per le case popolari. Noi invece siamo ancora qui". Una nota positiva è l’essere "diventati una grande famiglia – prosegue Dal Santerno –, non abbiamo bisogno di chat per parlarci. Ci diamo appuntamento la sera nella hall e scambiamo due chiacchiere, come si faceva una volta".

Certo, l’incertezza è tanta. "Dobbiamo aspettare, ma non si può mettere la vita in pausa – conclude Dal Santerno –. Noi siamo le vittime di tutta questa storia, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo tolto il fango, ma ora siamo fermi e abbiamo bisogno di aiuto". Un ultimo argomento che infiamma la discussione riguarda il ricorso alle casette: "Se ci sono fondi per le casette piuttosto li diano a noi. Sarà un aiuto in più per ripristinare le nostre vere case".

Damiano Ventura