Settant’anni fa, il 17 maggio del 1955, moriva a Ravenna il musicista Francesco Balilla Pratella. Nato a Lugo nel 1880, salì alla ribalta nazionale quando nel 1911 firmò ben tre manifesti della “Musica futurista” rivolti soprattutto ai giovani, gli unici che avrebbero potuto recepire le sue idee per una musica nuova. Storico della musica, insegnante, trascrisse antichi testi musicali e compose alcune opere futuriste fra le quali la più importante è “Aviatore Dro” (1920), una vera glorificazione futurista dell’aereo e dell’eroismo aereo. Pratella si diplomò al Conservatorio di Pesaro sotto la guida di Pietro Mascagni con un poema musicale ispirato all’ode carducciana “La chiesa di Polenta”, composizione che poi fu eseguita nella stessa chiesa alla presenza di Giosue Carducci che espresse la sua soddisfazione donando al giovane Pratella una sua immagine con tanto di dedica.Dal 1927 al 1945 fu anche direttore del nostro “Istituto Verdi”.
Oltre a essere un grande musicista Pratella è stato anche un appassionato cultore del folclore e delle tradizioni romagnole.
Nel 1920, insieme ad Aldo Spallicci e Antonio Beltramelli fondò ”La Pié”, che Pratella definì "una vera istituzione di fede, di cultura e di fratellanza" e che, nonostante i lodevoli recenti sforzi di Antonio Castronuovo, ha chiuso alcuni anni fa. “La Piè” organizzava convegni “nei siti più pittoreschi della Romagna” nell’ambito dei quali nacque l’idea di istituire una compagnia di “Canterini romagnoli” per dar voce alle famose “cante”. Fra l’altro il maestro Pratella trascrisse e armonizzò la famosissima “Gli scariolanti”.
Nel 1918 collaborò al “Resto del Carlino”. Definì "madre" la Romagna alla quale dedicò “Romagna intima” recentemente ripubblicata da Pendragon. Un ritratto della nostra terra che, come scrive Giuseppe Bellosi nella introduzione, diventa "una vera ed accaldata dichiarazione d’amore".
Di grande interesse l’“Autobiografia” pubblicata postuma dal Girasole. Il ravennate Giovanni Lugaresi curò “Lettere ruggenti” (Pan), un carteggio con F.T.Marinetti, e “Poesie, narrazioni e tradizioni popolari” (Girasole).Con un piede nel futurismo ma con lo sguardo alla tradizione, la parabola esistenziale di Pratella è stata definita efficacemente da un anonimo articolista con queste parole: "Fu il tipico rappresentante di una generazione che dopo aver abbattuto molti idoli fece ritorno al focolare del proprio paese e che seppe trovare in un piccolo solco l’ispirazione invano cercata nella civiltà delle macchine e dei rumori".
Franco Gàbici