di Paolo Casadio
In questi giorni di anticipata primavera, con temperature ormai perennemente sopra la media stagionale, girar per giardini e campagne è una meraviglia. Fioriture vivaci, erba nuova, gemmazioni, insetti: tutto un movimento, una vita vegetale e svolazzante sotto il segno del risveglio dopo un inverno ahimè mite, troppo mite. E quindi prepariamoci al ritorno delle zanzare tigre, delle cimici asiatiche, delle vespe orientali, dei calabroni omicidi e similmente al west nile, alla chikungunya, al dengue, al zika virus e altre simpatiche arbovirosi; e pure a temperature assassine, alle falde acquifere già in crisi, al probabile razionamento dell’acqua e altre mille eccezionalità che stanno diventando la regola. Dicono che il clima è impazzito, be’, sì, ma l’affermazione secondo me erra nel soggetto. È di questi giorni la notizia di un vigoroso disboscamento abusivo a ridosso del villaggio di capanni posto alla foce del Lamone: una cosa non da poco, che ha richiesto tutta una serie di attività ben visibili e percepibili, sia nell’effettuazione che nel trasporto del materiale – legname, terra – di risulta. Parimenti, è montata la polemica sulla dubbia modalità di realizzazione di un parco marittimo nella fascia costiera del nostro territorio.
Ecco, incuriosito ho preso l’automobile e fatto una puntata ai luoghi dei misfatti. Sono paesaggi e panorami che conosco bene, ma mi sono d’improvviso apparsi affaticati, provati da troppe e disgraziate attività umane spacciate spesso come "riqualificazioni". Questo è il problema a monte di tutte le nuove alterazioni: il nostro indefesso, continuo lavorìo di sfruttamento di un ambiente che non ha più tempi di recupero, possibilità di assorbire i colpi e ritrovare una forma di equilibrio. C’è uno spensierato menefreghismo nel reiterare i nostri comportamenti irrazionali, refrattari a ogni allarme, a ogni indicatore, a ogni studio che evidenzia le conseguenze di tali comportamenti, che ci indica quella strada virtuosa del "finalmente fermarsi" che non vogliamo assolutamente seguire. E si continua a infierire, a capitozzare, a estirpare, a tagliare, ad abbandonare rifiuti, a cementare, a divorar metri quadri di prezioso terreno per nuove costruzioni, a "riqualificare" ambienti in modo inqualificabile, nell’illusione che si possa continuare ad libitum. No, le cose non stanno più così, e naturalmente quando lo capiremo sarà troppo tardi.