
Via libera all’acquisizione atti per Giulia Lavatura. Nel volo morirono la bimba di sei anni e la cagnolina. L’imputata non era presente in aula. È stata considerata incapace di intendere e volere, la sentenza a inizio giugno.
L’imputata non c’era. Si trova ancora in una struttura protetta di Faenza e non ha mai realizzato in pieno l’accaduto. L’aula, praticamente deserta, ha restituito la dimensione di una tragedia senza senso, svuotata ormai di ogni contenuto investigativo. Nessun dubbio sulla dinamica: la donna ha ucciso la sua bimba e la sua cagnolina rimanendo viva al fondo della ragione e di quel volo di quasi 30 metri: trattenuta da chissà quale mano segreta, più probabilmente da una delle reti del cantiere che all’epoca cingevano lo stabile. Forse per espiare una pena maggiore di qualsiasi pena prevista dal codice.
Per Giulia Lavatura Truninger, la 41enne che la mattina dell’8 gennaio 2024 si era gettata dal nono piano del suo condominio di via Dradi portando con sé in braccio la figlia Wendy di sei anni e legata alla vita la barboncina Jessy, ieri mattina è partito il processo per omicidio pluriaggravato davanti alla corte d’assise presieduta dal giudice Giovanni Treré (a latere la collega togata Antonella Guidomei). La seconda imputazione, quella per uccisione di animale, è stata a suo tempo stralciata e seguirà un’altra via processuale.
Per il resto, nessuna parte civile, nemmeno il marito, anche lui non presente e rappresentato in aula dall’avvocato Massimo Moriglioni. Unici parenti dell’imputata, due zii seduti nelle file di mezzo. Il giudizio a carico della 41enne, difesa dall’avvocato Massimo Ricci Maccarini, potrebbe esaurirsi con un non doversi procedere già nella prossima udienza fissata per inizio giugno: il passaggio in assise appare cioè solo necessario dal punto di vista della procedura a irrogare una misura di sicurezza. Il vaglio psichiatrico dopotutto aveva restituito questo quadro: incapace di intendere e volere e socialmente pericolosa, soprattutto per se stessa.
"Un processo per certi versi anomalo ", ha sottolineato il pm Stefano Stargiotti prendendo la parola. Del resto in assise siamo abituati "di solito a una serie di udienze in cui le parti offrono ricostruzioni anche opposte". In questo caso invece "c’è perfetta sintonia: quanto accaduto è chiaro, pacifico e dimostrato". Preambolo al "pieno consenso a produrre gli atti di indagine: non solo quelli sulla capacità" dell’imputata, "ma anche tutto il resto". "Noi sin dall’inizio - ha aggiunto l’avvocato Maccarini - abbiamo avuto una idea importante sul lavoro di ricerca della verità, anche all’interno della mente dell’autrice del fatto".
Unico teste chiamato a deporre, il vicequestore Claudio Cagnini, all’epoca dei fatti capo della squadra Mobile. E intanto sulla grande lavagna allestita in aula, ecco le immagini del sopralluogo di quella mattina. "Alle 7.45 le Volanti sono intervenute con la Mobile su segnalazione da parte del 118 di due corpi trovati a terra". In particolare, una "bambina morta e una donna che era incosciente ma che aveva parlato con i medici. A fianco della bimba, c’erano pure un cagnolino morto e un peluche che la piccola teneva in braccio".
Tutto a ridosso di "un condominio che si affaccia su un grande giardino rettangolare. Attorno c’era una impalcatura e, a terra, ringhiere per impedire l’accesso a terzi". Sulla lavagna ecco una freccia rossa a indicare l’appartamento "di Lavatura Giulia. Nono piano, tra i 27 e i 30 metri, un trilocale, finestre tutte chiuse tranne quella del soggiorno": è da lì che la 41enne si era gettata perché "ai piedi della finestra c’era un pouf in similpelle appoggiato al muro". Una vicina aveva dato "le indicazioni sull’abitazione della ferita. Ai campanelli troviamo il numero 28 e suoniamo: risponde il marito che stava dormendo: non sa nulla, dice che ha sentito le due alzarsi, che la madre ha probabilmente portato la bimba a scuola". Di lì a poco l’uomo avrebbe capito la dimensione della irreversibile tragedia che si era appena consumata senza che lui potesse fare nulla.
Andrea Colombari