
I manifestanti ieri mattina davanti al tribunale di Ravenna: chiedono giustizia per i loro cari deceduti (. Foto Corelli
“Vite interrotte” è il grido che ieri mattina ha unito decine di persone davanti al Tribunale: figli, sorelle, mariti e mogli che chiedono verità e giustizia per i propri cari, vittime – secondo loro – non solo di errori sanitari, ma anche di un sistema giudiziario che li ignora e talvolta li logora. I loro volti sono stanchi, ma determinati. Le loro storie, diverse nei dettagli, si somigliano tutte per dolore e coraggio nel chiedere quella giustizia che ritengono sia loro dovuta.
C’è chi ha perso una sorella, come Barbara Milan. Francesca muore il 21 aprile 2024, dopo quattro anni di agonia. Il 22 maggio 2020 si sente male mentre lavora in casa. È il periodo del Covid. La sorella e il marito la accompagnano al Sant’Orsola di Bologna. Francesca, già in condizioni gravi, riceve un codice verde per “emicrania“ da una giovane triagista, mai indagata. Rimane ore senza assistenza. Il marito scopre a mezzanotte che è stata trasferita prima al Maggiore, poi al Bellaria. In un anno subisce 16 interventi al cervello, resta in stato semi-vegetativo, non parlerà mai più. Barbara denuncia, risultato: due richieste di archiviazione dalla Procura. "Aveva 50 anni, faceva la commercialista ed era il pilastro della famiglia. Hanno mentito sulle sue condizioni all’arrivo, quando era chiaro che stesse già molto male, e non posso accettarlo".
Alba Maldini, invece, ha perso il marito all’antivigilia di Natale del 2023. Trapiantato di rene, aveva la febbre. Il 4 dicembre si reca al Pronto Soccorso del Sant’Orsola. Resta due giorni in medicina d’urgenza, in attesa di un posto in nefrologia. Morirà il 23 dicembre. "Doveva andare subito in terapia intensiva", sostiene la moglie. Anche in questo caso, denuncia, difficoltà nelle indagini: cambi di Pm sotto Natale, un medico legale che rinuncia per conflitti d’interesse, autopsia senza avviso alle parti. La richiesta di archiviazione arriva ad aprile 2025, ora si è in attesa della decisione del giudice sull’opposizione. E poi c’è Wilma Tedaldi. Sua madre entra in ospedale a Lugo per un dolore alla spalla nel 2021 dopo una caduta. Era autonoma, andava in bicicletta. Muore sei mesi dopo, debilitata e sedata pesantemente. "Hanno cercato di farla passare per morte da Covid", racconta. Il sospetto: che sia stata sedata senza consenso. Un tema, quello dei “protocolli della morte”, sollevato dalla dottoressa Barbara Balanzoni, anestesista e consulente delle famiglie: "Molti pazienti entrano in ospedale per essere curati, invece vengono sedati a loro insaputa: non in Rianimazione, ma nei reparti internistici. E alla fine muoiono. E questa cosa per la Cassazione si chiama in un modo solo: omicidio volontario".
Accanto ai manifestanti, una decina di agenti Digos e carabinieri. "Come se fossimo pericolosi sovversivi". Ma loro sono solo persone comuni, unite dalla perdita e da una rabbia che non trova sbocco. "A noi è successo ieri, domani può toccare a chiunque", dicono. Sono seguiti da un legale, Simona Vivaldi, e una rete nata sui social. Non cercano vendetta, ma giustizia. Quella che, a loro dire, si nega in partenza con indagini chiuse in fretta e un processo al quale non si riesce quasi mai ad arrivare.
Lorenzo Priviato