Tutto era partito da una segnalazione al Nas di Bologna dell’Agenzia della dogane e dei monopoli di Malpensa. E tutto è arrivato a un possibile laboratorio clandestino di farmaci dopanti a Faenza che si riforniva principalmente da una ditta cinese.
Un’inchiesta che ha ora portato alla notifica di cinque avvisi di conclusione indagine a firma del pm Lucrezia Ciriello. Tra gli accusati a vario titolo, figurano un impiegato 53enne di Faenza (è difeso dall’avvocato Laura Polverigiani), una 43enne di origine albanese ma residente a Castel Bolognese (avvocato Polverigiani), un 47enne sempre di Faenza (avvocato Matteo Olivieri), un 63enne di Bologna (avvocato Michele Dell’Edera) e 52enne di Faenza (avvocato Dell’Edera).
Secondo le indagini dell’Arma, il principale artefice del giro era il 53enne manfredo: tra il 2016 e il 2019 è risultato essere destinatario di 16 spedizioni di fiale della ditta cinese. Tutte - hanno rilevato gli inquirenti - erano state fatte arrivare con il medesimo corriere. In totale l’uomo aveva così potuto mettere le mani su 8.370 fiale di cui 1.650 solo nel 2019. Il 21 settembre 2020 alla dogana era stata controllata un’ulteriore importazione a lui destinata: dentro c’erano 750 fiale che, come indirizzo finale, recavano un’edicola manfreda: là dove in effetti il 53enne aveva ritirato il plico. E lo stesso - prosegue l’accusa - era accaduto anche per precedenti spedizioni.
Nel complesso, prodotti destinati a sintetizzare farmaci iniettabili ad azione anabolizzante con lo scopo di essere rivenduti. Conclusioni alle quali i Nas sono arrivati anche grazie a un gps installato sulla vettura del sospettato e a una perquisizione eseguita il 18 novembre 2020: ciò aveva messo nei guai anche la compagna dell’uomo, la 43enne. I due, al momento dell’accesso dei militari, sarebbero stati tutt’altro che collaborativi: avrebbero anzi tentato di ostacolare l’ingresso degli inquirenti probabilmente, secondo la procura, per riuscire a disfarsi dei principi attivi.
Nonostante ciò, in bagno erano state isolate tracce di Tadalafil, Andarina, Dianabol, Stanozololo, Ostarina e Cardarina: cioè sostanze a effetto dopante. Non solo: su water e lavatrice erano state trovate tracce di polvere gialla e bianca, segno del possibile tentativo di gettare frettolosamente la roba. Ma a completare il quadro di quello descritto agli atti come vero e proprio laboratorio artigianale, oltre ai principi attivi sono stati trovati strumenti, listino prezzi e materiale per il confezionamento.
Dalle indagini è emerso che i contatti con i canali asiatici avvenivano attraverso Whatsapp o Skype. E proprio l’analisi di conversazioni ha messo nei guai gli altri indagati: vedi il 47enne, appassionato di culturismo il cui indirizzo figurava tra quelli di destinazione delle fiale. Lo stesso vale per il 53enne. Per quanto riguarda il 63enne - socio di una sas che si occupa di gestione di palestre - esistono conversazioni in cui si farebbe riferimento al luogo di scambio della roba. Le analisi finanziarie hanno consentito di ipotizzare che tra il 2018 e il 2020 i guadagni siano arrivati a quasi 177mila euro. Dagli archivi è emerso che già nel giugno 2017 il 53enne era finito nei guai nell’ambito di un’indagine del Nas di Treviso in materia di farmaci e stupefacenti.
Andrea Colombari