Ravenna, stalking sulla collega 18enne: finisce in carcere

Ha continuato a chiamare e pedinare una diciottenne nonostante il giudice gli avesse già imposto il divieto di avvicinarsi

Perseguitava la ex

Perseguitava la ex

Ravenna, 23 luglio 2022 - Non era bastato il provvedimento con cui a inizio anno il giudice gli aveva imposto di starsene ad almeno 500 metri da quella ragazza della quale si era invaghito. Perché ha continuato a chiamarla e a inviarle messaggi, anche attraverso numero sconosciuto, giungendo persino a recarsi sul posto di lavorio di lei per avere informazioni. E così alla fine il gip Sabrina Bosi, su richiesta del pm Cristina D’Aniello, ha deciso di sostituire la misura con la custodia cautelare in carcere, atto già notificato all’indagato - un 40enne di Cervia - dalla polizia.

Secondo quanto ricostruito dall’apposita sezione della squadra Mobile, lui e la giovane – una 18enne di Ravenna – si erano conosciuti in ambiente di lavoro nel 2021. L’uomo – prosegue l’accusa – aveva presto manifestato il suo interesse per la ragazza pedinandola, inviandole numerosi messaggi, chiamandola e cercandola nei luoghi da lei solitamente frequentati, vedi la fermata del bus e la scuola. "Tu non sai cosa ti succede quando scendi a Cervia – le avrebbe detto – te vai a finire in mare, come va a finire in mare il tuo moroso; dopo facciamo i conti io e te". Ecco che allora il 3 gennaio era scattato il divieto di avvicinamento e di comunicazione con qualsiasi mezzo, social compresi.

Presto tuttavia si erano affacciate le nuove contestazioni. In particolare il 18 maggio l’avvocato della giovane aveva scritto alla procura per lamentare ulteriori comportamenti persecutori del 40enne. E così il 24 maggio era stata sentita la ragazza la quale aveva confermato di avere ricevuti tante chiamate da numero sconosciuto e messaggi Whatsapp da numero riconducibile alla madre del 40enne. Inoltre una sua ex collega aveva riferito agli inquirenti che l’uomo era andato diverse volte al bar dove in passato aveva lavorato la 18enne. L’ultima conferma era giunta con l’acquisizione dei tabulati disposta il 13 giugno: da ciò era emerso che da inizio anno erano partite diverse chiamate sia dal cellulare del 40enne che da quello della madre. Una pressione psicologica sulla 18enne che secondo l’accusa non si era manifestata solo con contatti telefonici ma che era dilagata in una continua ricerca di informazioni sulla giovane: i suoi spostamenti, le sue frequentazioni, le sue abitudini. L’uomo sapeva addirittura che la ragazza aveva conseguito la patente di guida. Nel complesso per il gip un quadro di aumentata pericolosità sociale dell’indagato che si è dimostrato incurante dei divieti imposti. In altre parole, solo il carcere può impedirgli di continuare a tormentare la ragazza.

a.col.