Stalking sul capo, sindacalista a processo

Un 62enne ex guardia giurata accusato di aver perseguitato e diffamato con volantini i vertici dell’istituto ’Cittadini dell’Ordine’

La sede di lavoro era Cesena, ma l’imputato è di Ravenna

La sede di lavoro era Cesena, ma l’imputato è di Ravenna

Ravenna, 26 ottobre 2022 - Con un volantino e pubblicazioni su facebook avrebbe diffamato i vertici dell’istituto di vigilanza per il quale, prima di essere licenziato, lavorava come guardia giurata a Cesena. E ora un 62enne ravennate, per quell’attività sindacale spinta all’eccesso nei confronti dei vertici aziendali, si trova a processo davanti al giudice Antonella Guidomei per diffamazione, avendo screditato l’azienda, e stalking nei confronti di uno dei capi, che se lo ritrovava anche sotto casa.

Il dipendente aveva creato una sigla – Mol, Movimento dei lavoratori – non riconosciuta come sindacato, ma che aveva diversi iscritti. E faceva attività attraverso un volantino denominato ’Lo Strillone’, che affiggeva nelle bacheche, postazioni e dentro le auto di servizio dell’istituto di vigilanza Cittadini dell’Ordine, nonché pubblicando dure invettive sulla propria pagina facebook. Nel suo mirino c’era soprattutto il direttore tecnico dopo che lo stesso era stato coinvolto in un procedimento per favoreggiamento, assolto in via definitiva dopo l’iniziale condanna in primo grado. Procedimento del quale il sindacalista teneva informati i colleghi con messaggi di questo tenore: "Sentenza esemplare per il direttore tecnico: solo 4 mesi perché ha chiesto il rito abbreviato". E ancora: "Un’altra merda dopo (...) che va sotto processo". Oppure, sulla fotocopia di un rapporto di servizio, cerchiando il nome del direttore: "La vigilanza senza pudore e dignità, i Cittadini dell’Ordine riscorrono a soggetti con condanne penali per vigilare. Peccato che Totò Riina è morto e Matteo Messina Denaro è latitante, altrimenti potevano collaborare anche loro".

Ieri in aula ha parlato il direttore tecnico nel mirino, parte civile con la tutela dell’avvocato Fabrizio Briganti. La sede di lavoro era Cesena, ma sia la compagna sia il padre del direttore tecnico vivono a Ravenna, e non distante dall’abitazione del sindacalista. "Me lo trovavo spesso davanti che portava il cane a passeggio – ha ricordato –, col cellulare puntato verso di me: non potevo averne la certezza, ma penso mi filmasse o fotografasse. Prima di parcheggiare aspettavo se ne andasse, per non incrociarlo". Ciò gli avrebbe comportato uno stato d’ansia perdurante ("ma non mi sono mai rivolto a uno psicologo") confermato anche dalla convivente: "Ha passato un periodo difficile, era scosso da tutto ciò e dopo l’iniziale condanna".

Parte civile è anche l’istituto di vigilanza, rappresentato da un dirigente che ieri ha confermato l’accanimento del sindacalista nei confronti dei superiori e il tono aspro dei suoi comunicati: "Ciò ha provocato un danno all’azienda, sebbene difficile da quantificare: fummo costretti ad allestire una sorta di ufficio ad hoc per gestire le iniziative di questo dipendente. Periodicamente dovevamo rispondere delle sue accuse davanti a prefetto e questore, eravamo oggetto di verifiche continue, Asl, Guardia di Finanza. Alla fine nessuna evidenza a nostro carico è mai emersa, ma abbiamo dovuto investire risorse".

Il sindacalista, con la tutela dell’avvocato Marco Bertozzi, parlerà alla prossima udienza calendarizzata a metà novembre. Da un lato per dimostrare che gli incontri in strada col direttore tecnico erano casuali in quanto l’abitazione del padre si trova in una via parallela e quindi vicina alla sua. Dall’altro già ieri le domande del legale tendevano a evidenziare come i volantini contestati non fossero firmati direttamente dall’imputato, quindi a lui non necessariamente riconducibili, e comunque non in veste sindacale.

Lorenzo Priviato