Stupro di gruppo Ravenna. "Non ti crederanno, ma se parli ti ammazzo"

Le minacce del 42enne in carcere per stupro di gruppo sulla vicina. Con la moglie volevano coinvolgere nelle orge il compagno di lei

Le forze dell'ordine

Le forze dell'ordine

Ravenna, 18 agosto 2020 - «Io le persone le porto all’inferno e poi le riporto fuori prendendole piano piano per i capelli». Con questa promessa il 42enne del Lughese in carcere per violenza sessuale di gruppo aveva convinto la vicina – che aveva litigato con il compagno – a trasferirsi a casa a sua per una sorta di ’terapia di coppia’. Ma con l’avvertimento che si sarebbe dovuto interamente «affidare a lui e fidarsi di lui». Lei si è fidata e per alcuni giorni, tra il 17 e 21 luglio, la donna (che peraltro era incinta) sarebbe stata spinta, in uno stato di soggezione fisica e psicologica, a partecipare a festini a base di cocaina e sesso di gruppo, nonché punita per la sua ritrosia con colpi di cucchiaio di legno sui glutei e con bruciature di sigaretta sul polso. E minacciata che se avesse raccontato tutto l’avrebbero ammazzata, dicendole che comunque nessuno le avrebbe creduto. 

Un quadro da incubo che ha portato all’arresto di un uomo di 42 anni, con l’accusa di violenza sessuale aggravata, mentre è solo indagata la sua compagna di 34 anni, sempre per le violenze sessuali e fisiche. Per l’uomo, difeso dall’avvocato Nicola Casadio, oggi è previsto l’interrogatorio di garanzia. Sul caso ha indagato la polizia di Lugo, che al pronto soccorso dell’ospedale aveva raccolto la denuncia della presunta vittima. Il Gip Andrea Galanti, che ha accolto la richiesta del Pm Bartolozzi di custodia in carcere, apre la sua ordinanza parlando di una vicenda a prima vista «surreale». E in effetti lo è. Anzitutto l’indagato ha precedenti per droga nonché stalking su una minorenne adescata in rete. Si era proposto di riappacificare la coppia di vicini, facendo intraprendere a entrambi un percorso che li avrebbe separati fisicamente per qualche giorno.

L’altro, messo al corrente benché da subito perplesso sull’efficacia di quel progetto ’terapeutico’, si era lasciato convincere ad affidargli la moglie, in quanto lo conosceva come ’dominatore’ e lo aveva sentito vantarsi in precedenza del fatto di essere un ’Casanova’, che aveva avuto molte ragazze alle quali impartiva punizioni sottoponendole a pratiche sessuali. Elementi questi, sui quali la difesa farà leva per dimostrare la consensualità della parte offesa

Così il 17 luglio, dopo un litigio, la coppia temporaneamente si separa e la donna si trasferisce dal baldanzoso vicino di casa. Il primo giorno – ha raccontato la presunta vittima – le ha permesso di far visita alla nonna, quello successivo però le ha impedisce di uscire da sola, proponendole piuttosto un lavoro su internet come ’dominatrice’, lo stesso della moglie 34enne, vale a dire videoregistrarsi compiendo spettacoli erotici da mettere nelle chat a luci rosse. Lei temporeggia, a quel punto lui la prende per i capelli costringendola a praticargli un rapporto orale, dicendole che «per diventare dominatrice prima devi essere sottomessa».

La vittima, rimasta in silenzio, va poi a dormire. All’indomani la coppia di padri-padroni consente alla ospite in terapia di rivedere il compagno, anzi lo invitano pure a pranzo. Quando la giovane scoppia a piangere, viene punita prima con la cucchiaiate sui glutei poi bruciata con la sigaretta, per poi ricevere dall’arrestato un affettuoso bacio sul collo ed essere indotta a un rapporto sessuale completo. Lui le chiede se le è piaciuto e lei risponde: ’sì padrone’, prima di essere congedata per andare a dormire. Il giorno dopo, il 21, la terapia si allarga e viene coinvolta anche la 34enne padrona di casa, con la quale l’ospite, spinta a consumare cocaina, acconsente a un rapporto lesbo in quanto soppesato come ’male minore’. Il tutto, scrive il giudice, «per dare idea della bassezza degli indagati», in presenza del loro figlio piccolo che si trovava nel lettino della camera matrimoniale. Nei giorni successivi la coppia in ’terapia’ si ricompone e cominciano le minacce: «Mettiti contro di me, tanto non ti crede nessuno, ti faccio una contro denuncia e ti ammazzo», avrebbe detto il 42enne dopo avere cercato, invano, di coinvolgere nella pratiche sessuali anche il compagno della sua ospite. E il 25 luglio la ragazza si decide a sporgere denuncia. In ospedale le vengono riscontrati lividi e bruciature. La denunciante aveva peraltro registrato una conversazione e i toni minatori del suo aguzzino, anche se l’audio non è nitido. Durante la perquisizione i poliziotti hanno trovato nell’abitazione alcune ’prove’ come giocattoli sessuali e attrezzature per pratiche sadomaso, tipo una gogna di legno che l’indagato utilizzava con la moglie.