Sui binari della Faentina minacciati da frane

La ferrovia per Firenze, fondamentale per il territorio, è in una situazione di stallo. I problemi riguardano terreni di privati

Sui binari della Faentina minacciati da frane
Sui binari della Faentina minacciati da frane

È una geologia in rivolta quella che punteggia la vallata del Lamone per varie decine di chilometri fra Brisighella e il confine con la Toscana: a farne la spese, per un tempo a oggi indeterminato, è per prima la ferrovia faentina, interrotta da maggio nel suo tratto romagnolo, dove al posto dei treni i pendolari trovano bus sostitutivi. Per quanto ancora? Una risposta non c’è: potrebbero volerci mesi perché le frane che minacciano la ferrovia vengano considerate non più rischiose, oppure anni. La situazione è grave, al punto che molte famiglie marradesi stanno cominciando a porsi dei quesiti: chi ha figli 13enni si sta domandando se sia conveniente iscrivere ai ragazzi alle scuole superiori di Faenza – come da sempre fanno i marradesi – o se invece non sia più accessibile rivolgersi alle omologhe fiorentine. Sul piatto della bilancia ci sono un’ora di treno in direzione di Firenze e un’ora di bus verso Faenza, su una strada però seriamente minacciata dalla frana che per molte settimane costrinse alla chiusura della provinciale all’altezza di Sant’Eufemia: mai come ora Marradi è stata insomma più vicina a Firenze che non a Faenza.

Una rivoluzione nella vita di questa parte di Appennino, l’unica in cui la Toscana si spinge per venticinque chilometri a nord dello spartiacque – residuo dei confini preunitari fra Granducato e Stato Pontificio, non toccati dalla riforma amministrativa del 1923 che invece allargò la provincia di Forlì – che ha sempre guardato alla Romagna e che rischia di volgere una volta per tutte lo sguardo a sud. La situazione delle frane è preoccupante: dal livello dei binari sono tre i crolli che appaiono più spaventosi, e cioè quello immediatamente alle spalle del convento Emiliani di Fognano, quello in corrispondenza di via Aurora, nella frazione di Casale, e quello posto dirimpetto al cimitero posto alcune centinaia di metri prima della frazione di Sant’Eufemia. Nel primo caso, in particolare, il fronte della frana è ad appena due metri dalla massicciata: le prime reti poste a protezione dei binari sono già crollate, e i campi nella parte superiore non appaiono in buone condizioni. Un ulivo, parte di una coltivazione posta una decina di metri più in alto, è franato in basso insieme a una notevole quantità di terra: da allora è bloccato lì, con il rischio che nuove piogge aggravino la situazione.

Il punto più critico è proprio alle spalle del muro di cinta del convento Emiliani: il giardino e l’orto del monastero sono subito al di là della barriera: le campane che segnalano il mezzogiorno risuonano in una vallata spettralmente semivuota. Per l’economia di Brisighella e Marradi l’assenza del treno è problematica non solo a livello scolastico e di trasporti, ma anche per quanto riguarda il turismo, che qui era approdato con il Treno di Dante e con iniziative di mobilità slow che avevano il loro perno proprio nella ferrovia.

Il fronte di frana è meno vicino ai binari, ma molto più ampio, alcuni chilometri più a monte, nella frazione di Casale, in corrispondenza di via Aurora, e nella frazione di Sant’Eufemia, all’altezza del cimitero posto sulla provinciale. Qui i terreni soprastanti sono crollati per decine di metri, dando vita a frane che nuove perturbazioni potrebbero rimettere in movimento.

È proprio l’eventualità di ulteriori piogge, in autunno ad avere impedito finora a Rete ferroviaria italiana di riaprire la linea: la proposta dei sindaci è quella di far di nuovo viaggiare i treni con l’opzione di uno stop allo scattare dell’allerta arancione. Ma il fermo sarebbe necessariamente seguito da lunghi controlli: un’odissea potenzialmente a cadenza settimanale. Su tutto grava l’impossibilità di portare a termine i lavori necessari per rendere di nuovo sicuri i binari: le frane sono infatti in terreni di proprietà di privati, che spesso non hanno le risorse per mettere in campo gli interventi necessari. Occorre inventare nuove soluzioni a livello amministrativo e burocratico, che al momento però non sono all’orizzonte.