In quel volantino trovato nell’auto di uno dei due indagati, le tre macchie repertate dagli inquirenti non solo non erano della vittima: ma non risultano nemmeno essere di sangue.
Sono le conclusioni raggiunte dall’ultima consulenza tecnica affidata dalla procura per fare luce sul delitto di Felice Orlando, l’operaio 49enne di origini cosentine, ma da tempo trapiantato in Romagna, ucciso tra le 18.30 e le 19 del 29 ottobre dell’anno scorso durante una battuta di caccia a Castel Bolognese, non distante dalla sua abitazione. Il suo cadavere era stato rinvenuto all’indomani dal padre tra i filari di kiwi. L’assassino lo aveva freddato con due colpi da distanza ravvicinata esplosi con un fucile da caccia di diverso calibro (16) di quello della vittima: un più comune calibro 12, mai ritrovato.
L’iscrizione sul registro degli indagati dei due sospettati - avvenuta in tempi diversi -, aveva consentito alla procura di compiere vari accertamenti tecnici irripetibili con tutte le garanzie previste dalla legge. Tra questi, figurava anche l’analisi di un volantino di un centro commerciale della zona. L’auto in cui era stato recuperato, appartiene allo stesso indagato più di recente interrogato: l’uomo, alla presenza del suo avvocato Lorenzo Valgimigli, aveva deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. Si tratta di una persona molto vicina al defunto (l’altro indagato è un residente difeso dall’avvocato Giovanni Scudellari).
Chiaro che dagli accertamenti tecnici fin qui eseguiti, non sono emersi elementi ritenuti così forti da imprimere una svolta drastica (vedi misura cautelare). E forse la ragione di avvalersi della facoltà di non rispondere dell’uomo interrogato, sta proprio in questa considerazione. Nella consulenza sul materiale biologico, esiste tuttavia un particolare che - se letto in chiave accusatoria - potrebbe fornire uno spunto per delineare un possibile movente.
Da una recente intervista rilasciata proprio al Resto del Carlino da un amico di vecchia data della vittima, i potenziali ambiti legati a un eventuale movente, sono tuttavia più di uno. Il 49enne ad esempio giocava alle slot e in qualche caso aveva chiesto prestiti. Inoltre con un paio di amici come lui appassionati di caccia, avrebbe secondo il testimone cacciato anche in ore notturne o in luoghi forse non consentiti. Inoltre alla sua morte è accaduto che alcuni animalisti abbiano brindato. Tanti gli spunti insomma sui quali i carabinieri, coordinati dai pm Daniele Barberini e Silvia Ziniti, si sono probabilmente fin qui concentrati.
Resta comunque un nodo fondamentale da sciogliere per arrivare alla soluzione certa del giallo: il fucile calibro 12 scomparso e mai ritrovato nemmeno con i droni.
Andrea Colombari