Sì alle trivelle nell’Adriatico, ecco cosa succederà davanti alle coste

Via libera del Consgilio di Stato alle ricerche di gas al largo. Le piattaforme marine sono 54 in Emilia-Romagna e 44 nelle Marche

Angela Angelina, una delle piattaforme più ‘celebri’ delle nostre coste

Angela Angelina, una delle piattaforme più ‘celebri’ delle nostre coste

Ravenna, 14 marzo 2018 – Eni e le altre compagnie dell’oil&gas possono svolgere ricerca di gas al largo della costa adriatica, dall’Emilia Romagna alla Puglia. Lo sancisce il Consiglio di Stato che, respingendo i ricorsi presentati dalla Regione Abruzzo contro il ministero dell’Ambiente e la società Spectrum Geo Lfd, ha di fatto dato il via libera alle attività di prospezione e ricerca di gas al largo dell’Adriatico.

Controparte oltre al ministero dell’Ambiente, anche il ministero delle Sviluppo economico e quello dei Beni culturali. I motivi di ricorso sono stati giudicati dal Consiglio di Stato in parte infondati, in parte inammissibili e molte delle censure sono state giudicate «generiche». Mentre «l’istruttoria svolta dai ministeri appellati appare nel complesso completa, articolata e rispettosa dell’iter normativo nella sua interezza», si legge nella sentenza del 28 febbraio.

La sentenza del Consiglio di Stato è quindi favorevole alla ripresa delle ricerche sulle scorte di gas in Adriatico, considerato che ormai su 71 miliardi di metri cubi di gas consumati in Italia, la produzione interna è ridotta a 5,7 miliardi, quando 10 anni fa era di 10 miliardi. Ma secondo le stime dell’Ufficio minerario, le riserve accertate di gas in territorio italiano ammontano a 130 miliardi di metri cubi con un potenziale aggiuntivo tra 120 e 200 miliardi, per un valore tra 75 e 100 miliardi di euro, «somme su cui – ricorda Franco Nanni, presidente dell’associazione delle aziende dell’oil&gas, Roca – lo Stato o le Regioni potrebbero incassare almeno il 7% di royalties e il 40% di tasse, con benefici per le famiglie che risparmierebbero sulla bolletta del gas».

A Ravenna ha sede l’importante distretto di Eni che gestisce le attività upstream di un territorio che va dal Piemonte al Molise. Nelle scorse settimane Eni ha confermato l’investimento di 2 miliardi di euro nei prossimi 4 anni in attività di sviluppo e mantenimento degli asset nell’offshore adriatico e ribadito che il «programma di rilancio procede nel pieno rispetto degli impegni assunti ad aprile 2017».

Alla fine dello scorso anno in Adriatico è stata avviata una nuova campagna di ottimizzazione della produzione con l’utilizzo di due impianti ed è stata incrementata significativamente l’attività di ottimizzazione della produzione. Inoltre, la produzione di gas naturale, che nel 2017 si è attestata in Adriatico a circa 2,8 miliardi di metri cubi, potrà raggiungere i 4 miliardi di metri cubi «realizzando tutte le attività programmate».

A testimonianza della centralità di Ravenna nella strategia di Eni in Italia, è stata avviata nel maggio 2017 la rivalutazione del potenziale minerario nell’offshore adriatico attraverso la rielaborazione dei dati sismici relativi al cosiddetto 3D Adria, che agli inizi degli anni 90 costituì la più grande acquisizione geofisica del mondo.

La rielaborazione dei dati relativi a un’area con estensione pari a 10.000 kmq sarà realizzata sfruttando le capacità di calcolo del Green Data Center Eni, uno dei centri di calcolo più potenti al mondo. Eni ha, inoltre, confermato il programma quinquennale di chiusura mineraria relativo al Distretto Centro Settentrionale, che interesserà 13 strutture offshore non produttive e circa 30 pozzi.