Un libro sull’arte contemporanea del MusT

L’architetto Ennio Nonni cura il volume dedicato ai capolavori custoditi nel Museo del Territorio di via Zanelli 4 a Faenza

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Dopo il ‘Museo all’Aperto’ (o diffuso), con opere d’arte (e non solo) lungo le strade della città e della periferia, a Faenza ecco il ‘MusT’, ovvero il ‘Museo del Territorio’, per meglio dire il museo dell’arte contemporanea, all’interno del palazzo Ottocentesco (con primarie vestigia che risalgono al 1300), dal 1955 di proprietà comunale (in precedenza della Cassa di Risparmio) che sorge al numero 4 di via Zanelli, nel cuore della città, e che da alcuni decenni ospita gli uffici pubblici del Settore Territorio. Un progetto d’avanguardia la cui idea primaria scaturì a metà degli anni Novanta dalla instancabile ricerca estetica dell’allora dirigente, l’architetto Ennio Nonni, e che trovò l’immediato appoggio del sindaco Enrico De Giovanni, della Soprintendenza e dei successivi sindaci Claudio Casadio e Giovanni Malpezzi; un progetto che ha significato trasformare sale, corridoi, cortile, androne, perfino i bagni, del palazzo (contestualmente sottoposto a restauro con recupero delle originarie linee) in un ambiente in cui l’arte è in simbiosi con il lavoro del personale (e dell’assessore) e con i cittadini che in quegli uffici per necessità devono andare. Un progetto che con delibera del Consiglio comunale dell’ottobre 2015 è assurto nel gotha della rete museale faentina assieme al Mic e alla Pinacoteca (ma non vanno dimenticati i musei privati: Carlo Zauli, Bottega Gatti e Guerrino Tramonti).

Ciò che rende attuale l’originale e coraggiosa operazione culturale è il libro ‘MusT, Museo del Territorio della città manfreda’ curato da Nonni (che già aveva dato alle stampe il precedente libro sul ‘Museo all’Aperto’) ed edito da Valfrido, presentato qualche sera fa al resort Villa Abbondanzi, presenti il sindaco Massimo Isola, la storica del design Anty Pansera e Massimo e Martina Bucci, il contributo finanziario dei quali ha reso possibile la pubblicazione. Oltretutto il provento delle vendite sarà devoluto al Patronato Aiuto Materno onlus ‘Luisa Valentini’ (di cui è presidente Andrea Banzola). Va da sé che Nonni, lo testimoniano la sua lunga attività di urbanista a Faenza e le sue numerosissime pubblicazioni, è cultore del principio aristotelico dell’arte come rappresentazione dell’universale e del possibile e pertanto come lieve strumento filosofico capace di stimolare la riflessione: di qui il ruolo anche sociale dell’arte diffusa sul territorio tale da entrare sempre in contatto col passante e indurlo al pensiero.

"L’arte può contaminare e arricchire qualunque spazio, a qualunque uso sia adibito" sottolinea Nonni e aggiunge: "La vera novità consiste nel fatto che qui si tocca con mano come sia possibile creare un ambiente di lavoro pubblico aperto al senso estetico, al bello: ne guadagnano chi ci lavora e il pubblico che frequenta il luogo. E soprattutto, trattandosi di un intervento su un palazzo ottocentesco, è da sottolineare la grande disponibilità, all’epoca, della Soprintendenza". Aggiunge il sindaco Isola: "Credo che la cultura, la creatività, l’arte e il mondo del lavoro possano e debbano trovare punti di incontro, come uno dei grandi protagonisti del Novecento, Adriano Olivetti, ha dimostrato con la sua personale interpretazione del legame fra estetica, etica e produzione". All’interno del palazzo trovano posto ben 67 opere di artisti moderni, ceramisti, scultori, architetti, pittori: si va da soffitti decorati a elementi d’arredo in legno, ferro e materiali diversi, a creazioni in ceramica (nel cortile, all’esposizione permanente si è aggiunta quella temporanea di alcune ceramiste presenti ad Argillà), ci sono opere, fra le tante, di Pietro Lenzini, Filippo Monti, Ugo Nespolo, Domenico e Muki Matteucci, Carlo Zauli, Ennio Nonni e ancora Panos Tsolakos, Leoni, Hillar, Tatsunori, Wrekon e altri ancora. E poi reperti archeologici (mattoni manubriati, colonne) e manifesti incorniciati che fanno la storia della municipalità. Dice una gentile funzionaria: "Noi non ce ne accorgiamo, ma lavorando qui in mezzo all’arte abbiamo affinato la nostra sensibilità estetica". Peccato che, a causa delle misure anti Covid, il portone d’ingresso, diversamente dal passato, ora sia sempre chiuso: non è il massimo per un museo! Gli uffici, infatti, ricevono il pubblico su appuntamento solo tre giorni a settimana, undici ore in totale. Il visitatore d’occasione può suonare e, in orario di lavoro, trova comunque ospitalità, ma è evidente che l’appello di Anty Pansera: "È un museo da vedere di persona, più che sul libro" non è semplice da mettere in pratica. Al momento.

Carlo Raggi