Un ricordo dell’antico rito dell’"anima caduta"

Riceviamo questa lettera in realazione al racconto di Beppe Sangiorgi del 4 novembre e dedicato a un’antica tradizione.

Ah! L’anima caduta! Un ‘rito’ antico e singolare scomparso quando si cominciò a portare dal medico chi aveva disturbi di stomaco anche leggeri. Ne feci esperienza da bambino al tempo della guerra. In generale l’uomo o la donna che sapeva di aver ereditato da una santa persona defunta una tale “virtù” operava con la cintura che indossava al momento, maneggiandola più volte per girarla alla fine attorno al paziente là dove probabilmente stava spadroneggiando l’anima capricciosa. Al mio arrivo accompagnato da una zia, l’attempato contadino si tolse in silenzio la cintura cominciando a sfregarla più volte con le mani da un capo all’altro. La piegò poi a metà e poi in tre parti, sfregandola in continuazione. Me la strinse quindi attorno alla vita tre volte ancora ripetendo le misurazioni e lo sfregamento precedente. Pose per breve tempo le mani sulla zona interessata sempre stretta dal colorato cordone finché, muovendo le labbra, lentamente sciolse il cordone ripotandolo al luogo di partenza. Le sedute furono più di una. Non sentii parlare di compenso monetario. A conclusione della funzione vidi però circolare una bottiglia di olio. L’operazione avvenne in una casa colonica che si trova tra Brisighella e il Villaggio Strada.

Filippo Briccoli