CARLO RAGGI
Cronaca

Una ferita dal passato. Targa per ricordare Walter, la prima vittima dei nazisti. Aveva solo otto anni

Ucciso 80 anni fa da una fucilata, era andato alla distribuzione del sapone sottratto al mercato nero. Di quella morte nessuno parlò, ora Il Comune pensa a una cerimonia.

Una ferita dal passato. Targa per ricordare Walter, la prima vittima dei nazisti. Aveva solo otto anni
Una ferita dal passato. Targa per ricordare Walter, la prima vittima dei nazisti. Aveva solo otto anni

Walter Ruffato aveva otto anni quando il 27 settembre 1943 divenne la prima vittima civile della barbarie nazista a Ravenna, erano passati pochi giorni dall’occupazione della città da parte dell’esercito tedesco che aveva invaso l’Italia centro-settentrionale all’indomani dell’armistizio fra Roma e gli Alleati firmato l’8 settembre. Walter fu raggiunto alla testa da un colpo di fucile sparato da un militare tedesco dall’interno della caserma ricavata nel caseggiato dell’ospedale militare, in via Bixio, dove nel dopoguerra trovò

spazio l’ospedale civile e dove da metà Ottocento nelle adiacenze c’era il distretto militare; un altro colpo ferì un suo amichetto di 12 anni, mentre un terzo bambino rimase illeso.

Colpi sparati volontariamente, secondo le testimonianze dei due sopravvissuti; colpi sparati a un albero per prova e che invece attinsero i due bambini secondo il Comando tedesco e anche secondo il Procuratore del Re di Ravenna che nel giro di due giorni archiviò l’inchiesta. Una morte che il mercato nero delle saponette contribuì a causare perché i tre ragazzi si erano portati in via Port’Aurea, non sapendo che il caseggiato era stato occupato dai tedeschi, perché lì, fino a pochi giorni prima, veniva distribuito il sapone sottratto proprio al mercato nero. Una morte dimenticata, anche dalla famiglia, mai entrata nell’ufficialità dei ricordi, portata alla luce dal presidente dell’Istituto storico della Resistenza e ricercatore, Guido Ceroni, che ha ricostruito la vicenda in un breve saggio. Per iniziativa del Comune sarà prossimamente scoperta una targa ricordo sul muro esterno all’ingresso carraio della ex caserma in via Port’Aurea.

Quel pomeriggio del 27 settembre 1943 Walter (abitava in via Carraie, poi quando la casa fu distrutta dall’esplosione della torre dell’acquedotto, a fine del 1944, la famiglia prima sfollò a Villanova di Bagnacavallo, poi si trasferì nelle baracche alla Darsena) assieme ai due amici, Aldo Costa di 12 anni e Giulio Gamberini, di 13 (scomparso nel 2013), aveva raggiunto il cancello di ingresso del caseggiato dell’ospedale militare, in via Port’Aurea, perché aveva saputo che lì i carabinieri distribuivano pezzi di sapone, un prodotto raro da trovare in quei giorni.

Era da oltre un mese che le saponette scarseggiavano tanto che ai primi di settembre, dopo la denuncia de il Resto del Carlino secondo cui i pezzi arrivati nei negozi non venivano venduti, fu mandato a Ravenna un ispettore dell’Ufficio distribuzione generi razionati per una inchiesta. I tre ragazzi si accorsero però ben presto che al posto dei carabinieri all’ingresso c’erano dei soldati tedeschi armati anche di mitra e se ne tornarono indietro, raggiungendo le vicine mura. Stando alla testimonianza di Gamberini raccolta dal Pubblico ministero il 29, quando si trovarono al ‘Torrione dei preti’, vicino al ponte degli Allocchi, a lato dell’ospedale militare, uno di loro, Costa, "si fermò per fare la pipì, mentre Ruffato ed io proseguimmo a lenti passi". A un certo punto il piccolo Walter si voltò per guardare verso il cancello della caserma e "si accorse che un soldato tedesco puntava il fucile, in ginocchio" verso di loro. Cercarono scampo, Gamberini gridò di buttarsi giù dalle mura ma non ci fu tempo: risuonarono due colpi di fucile: un proiettile colpì Ruffato alla testa, un altro raggiunse Costa a un gluteo. Il Comando tedesco, su richiesta della Questura, disse subito che il colpo era stato sparato da alcuni militari che stavano provando un’arma escludendo pertanto ogni gesto volontario. Una versione che contrasta con la precisa testimonianza di Gamberini peraltro fatta propria, successivamente, dal questore Benedetto Bodini. Il pm Angelo Maria Gasbarro, invece, sulla scorta della testimonianza dell’adolescente e della prima segnalazione del Comando tedesco archiviò il fascicolo per "manifesta infondatezza della denuncia". Era il 29 settembre, due giorni dopo la morte del bambino. Di questo episodio non si è mai saputo nulla, anche se il nome di Walter compariva fra le vittime civili della guerra. Fu ricorrente, fin dall’immediato dopoguerra, il silenzio dei sopravvissuti sulle violenze, sulle stragi cui avevano assistito, un’opera di rimozione collettiva.

Della tragica morte di Walter, Guido Ceroni è venuto a sapere qualche tempo fa da Carlo Pilotti, nipote della vittima; seguì un incontro con la sorella di Walter, Anna. Le ricerche di Pilotti e di Ceroni permisero di accertare fra l’altro che la madre di Walter, Delma Baldrati (che con il marito, Giovanni, lavorava in un circo, poi fino al 1997, anno della morte, si dedicò alla cartomanzia), fin dall’immediato dopoguerra aveva inoltrato domanda di pensione quale familiare di vittima civile di guerra, pensione che fu erogata solo nel novembre 1961: assegno temporaneo di 14mila lire, supplemento 40mila lire, pensione annua di 12.116 lire.