"Una vita dedicata a raccontare la politica"

Marisa Ostolani, dalla direzione de ‘Il Nuovo Ravennate’ fino all’agenzia Ansa. "Anni intensi, a raccontare le grandi crisi mondiali"

Migration

di Carlo Raggi

Il padre muratore, la mamma bracciante, una famiglia povera, ma lei le idee chiare, salire l’ascensore sociale e riscattare sé e i genitori, le ha avute fin da quando era ragazzina: a 14 anni iscritta alla Fgci, a 16 il lavoro nel Pci, prima a Cervia poi a Ravenna, le prime esperienze col giornalismo nella radio ‘Città di Ravenna’, la direzione del settimanale del Pci ‘Nuovo Ravennate’, quindi il balzo all’agenzia Ansa a Bologna.È lei, Marisa Ostolani, che nel 1994 indusse Berlusconi a dichiararsi pro Fini e sdoganare l’Msi ed è lei a diventare l’ ‘ombra’ di Romano Prodi premier e poi presidente della Commissione europea. Quattordici anni a Bruxelles, gli incontri con Gheddafi, Assad, Arafat, poi il rientro, a Roma, quale capo della redazione esteri: gli anni dell’Isis, della Brexit, "anni più difficili di quelli sul fronte europeo". E dopo 40 anni di giornalismo, la pensione, il ritorno a casa e qui ecco il nuovo fronte, presidente dell’associazione ‘Grazia Deledda, una Nobel abita’ qui fondata apposta per dare alla scrittrice il nome e il posto che merita a Cervia.

Mai demordere, sembra il suo motto.

"Sì, ma occorre essere consapevoli che questo comporta sacrifici e a volte anche cocenti delusioni. E proprio da chi ritieni invece al tuo fianco".

Si riferisce al Pci?

"Sì, il Pci ravennate. Nel 1984 mi dimisi dalla direzione del ‘Nuovo Ravennate’ e così a 27 anni rimasi senza lavoro, senza stipendio e senza ruolo. Sbattei la porta e restituii la tessera perché capii che con quel Pci io non avevo nulla a che fare. Come giornalista era mio dovere scrivere che piazza San Francesco era invasa dalla droga e invece al partito dicevano che si doveva tacere, che si doveva nascondere la realtà. Assurdo".

Ma forse proprio quelle dimissioni le hanno aperto la porta per il giornalismo internazionale.

"Può essere, ma certamente non mi sarei comunque fermata a quella realtà. Fin da bambina sono stata alla ricerca di nuovi stimoli, per questo ho studiato, ho letto. In casa c’era povertà, ma non mancavano i giornali e poi c’è un libro che mi ha aperto gli occhi, ‘Storia di Barbiana’. Non ho mai sopportato l’idea che se sei in una classe sociale povera non si possa aspirare a crescere".

Mi dica della sua famiglia.

"Il babbo Elvio faceva il muratore e a 16 anni era stato partigiano nell’8a Brigata Garibaldi, nell’Alto Cesenate; la mamma, Giuseppina era bracciante. Io sono nata in casa, a Bagnile di Cesena, all’epoca abitavamo lì. Quando avevo 5 anni, ci trasferimmo a Pisignano, dove ho frequentato le elementari. Poi le medie a Cervia".

E dopo le medie?

"Le magistrali, da privatista perché dovevo lavorare. A 14 anni mi ero iscritta alla Fgci a Pisignano, a 16 ho cominciato a lavorare al Pci di Cervia, dove imparai a scrivere a macchina. Tre anni dopo, il trasferimento a Ravenna, alla Federazione del Pci. Nel ’77 l’impegno a Radio Città di Ravenna: rassegnra stampa, notizie, dibattiti, musica, un’esperienza formativa incredibile, un mondo affascinante, un impegno politico diretto. A sera studiavo, di tutto, dovevo crescere professionalmente".

Di lì a poco arrivò la direzione de ‘Il Nuovo Ravennate’.

"Il settimanale dell’indimenticato Mario Battistini. Avevo 22 anni e con me lavoravano Eraldo Baldini, Roberta Emiliani, Pier Giorgio Carloni, Giorgio Bottaro, Nevio Galeati. Di quel periodo è l’intervista al maestro massone Giordano Gamberini che poi finì agli atti della Commissione d’inchiesta per la P2. Poi iniziarono le discussioni, accese, sfibranti, con il partito e come ti ho detto, mi dimisi".

E cosa accadde?

"Trovai lavoro alla ‘Tuttifrutti’, diventai corrispondente di ‘Repubblica’ e dopo un anno entrai nell’ufficio stampa del gruppo regionale del Pci e nel 1987, a 30 anni, l’assunzione all’Ansa a Bologna dove mi occupai prima di economia, e giù di nuovo studiare, e poi di politica".

Il 23 novembre 1994, dopo l’inaugurazione della Standa a Casalecchio, la risposta che Berlusconi diede a una tua domanda finì in apertura dei telegiornali.

"Sì, fu proprio un attimo di notorietà. Feci una domanda semplice: a sindaco di Roma si erano sfidati Fini e Rutelli e gli chiesi per chi avrebbe votato lui, visto che aveva appena dichiarato la sua ‘discesa in campo’. Rispose Fini senza esitazione: e ciò equivalse a sdoganare l’Msi, a farne un possibile alleato. Uno scenario incredibile per quell’era storica dove al Msi, quale erede del fascismo, si considerava preclusa ogni porta".

Iniziavano anni difficili dal punto di vista politico. E molto nasceva a Bologna.

"A iniziare dalla svolta della Bolognina, la scelta di Occhetto di cambiare nome al Pci e la nascita dell’Ulivo con Romano Prodi artefice. Da allora, il 1995, divenni per anni la sua ombra. Ancora più dal 1996 quando fu nominato premier. Nei weekend, sempre di guardia davanti alla sua abitazione e con i colleghi a seguirlo nelle sue passeggiate per cogliere ogni battuta. Quando nel 1999 fu nominato presidente della Commissione europea chiesi di poter andare a Bruxelles: così fu".

Ricordo Prodi mentre a Capodanno del 2002 ritira dal bancomat a Vienna le prime banconote in euro.

"Ero lì. E in quell’occasione Prodi ribadì la decisione di allargare l’Europa contemporaneamente ai dieci Stati dell’ex Urss. Dove era Prodi ero io: ad esempio in mezzo al deserto all’incontro con Gheddafi nel 2004, agli incontri con Arafat a Ramallah, a Damasco con Assad, a Beirut con Rafiq Hariri, ucciso poco dopo in un attentato. E pensa che in quegli anni fu avviato il processo, mai concluso, di adesione della Turchia".

Nel 2006 Prodi fu di nuovo nominato premier in Italia. Lei cosa fece?

"L’Ansa mi richiamò a Roma dove seguii per un anno gli esteri e il diplomatico, poi tornai a Bruxelles a seguire l’Ecofin, gli esteri e la Nato. Presidente era Barroso, furono gli anni della grande crisi finanziaria mondiale, con la Grecia stritolata da un’Europa che non riconoscevo. Fu terribile seguire la crisi greca, andare ad Atene ai vertici…".

Poi il ritorno a Roma.

"Nel 2013, capo redattore agli esteri. Gli anni dell’Isis, dei filmati degli sgozzamenti che mai pubblicammo, di Trump e di Brexit. Avanzava internet, cambiava il nostro modo di lavorare. Nel 2017 la pensione e il ritorno a Cervia con mio marito, giornalista americano…Ma prosegui nell’impegno culturale e civile Ho fondato l’associazione ‘Grazia Deledda, una Nobel a Cervia’. La presentiamo domani alle 17 alla Darsena del Sale".