CARLO RAGGI
Cronaca

Una vita per il commercio. Vincenza Masini, 65 anni in negozio: "È cambiato tutto, ma io sono qui"

Ha preso il timone della ’Casa della plastica’ negli anni ’50, nel boom: "Lavoravo anche con la Fermar" "Ho vissuto il patriarcato, dalla divisione dei beni mi spettò una parte ridotta. Così erano gli anni ’60".

Ha preso il timone della ’Casa della plastica’ negli anni ’50, nel boom: "Lavoravo anche con la Fermar" "Ho vissuto il patriarcato, dalla divisione dei beni mi spettò una parte ridotta. Così erano gli anni ’60".

Ha preso il timone della ’Casa della plastica’ negli anni ’50, nel boom: "Lavoravo anche con la Fermar" "Ho vissuto il patriarcato, dalla divisione dei beni mi spettò una parte ridotta. Così erano gli anni ’60".

"E mo, e mo... La signora guardi ben che sia fatto di Moplen", un tormentone pubblicitario che sull’onda di Carosello e di Gino Bramieri, a cominciare dal 1960, entrò nelle case degli italiani sempre più provvisti del televisore. Moplen era sinonimo di plastica rigida, resistente e fu subito boom: e per Vincenza (Anna) Masini, appena sedicenne e appena spedita dal padre a gestire da sola la ‘Casa della plastica’, in via Mentana, fra i primi negozi del genere sorti a Ravenna nel dopoguerra, fu l’avvio di un’avventura che prosegue tutt’ora, dopo 65 anni. Per Vincenza, che in oltre mezzo secolo ha visto scorrere la trasformazione del centro storico, il lavoro in negozio è come un ‘elisir di lunga vita’, che "dispensa gioie ma impone anche tante rinunce".

Si ricorda Gino Bramieri a Carosello?

"Ma certo, era il 1960, avevo 16 anni e il babbo mi aveva appena messo dietro al banco in negozio. La pubblicità a Carosello portò a un incredibile boom di vendite dei nuovi oggetti in plastica resistente, le bacinelle, le mastelle, i colapasta, le posate. L’avevano scoperto da pochi anni il procedimento per ottenere quella plastica, ricordo che si chiamava Natta lo scopritore...".

Giulio Natta, che fu poi insignito del Nobel...

"La gente era entusiasta di poter buttare le pesanti mastelle di zinco e l’asse in legno, all’epoca nelle case si lavava ancora quasi tutto a mano... Veniva in negozio e diceva: ’Voglio quella bacinella che mostra Bramieri in televisione’. D’altronde quello degli anni fra i Sessanta e gli Ottanta fu un periodo d’oro per i negozi che vendevano oggetti in plastica. Oggi invece la plastica è considerata il male del secolo perché inquina ma, dico io, la plastica inquina se viene dispersa nell’ambiente come purtroppo si è fatto per anni. Se invece si ricicla dov’è il problema? Voglio dire che in fondo la colpa è delle persone, non della plastica in sé...".

Prima ha accennato a suo padre... Mi parli dei suoi genitori. Dove è nata?

"A San Pancrazio, dove i miei erano sfollati. Erano i primi mesi del ‘44, il fronte si stava avvicinando, Ravenna era bombardata. Il babbo si chiamava Otello e di mestiere faceva il cappellaio, metteva in forma, ristrutturava i cappelli da uomo, aveva il laboratorio in piazza del Popolo accanto al bar Roma e lavorava anche per Bubani, lo storico negozio dall’altra parte della piazza. La mamma si chiamava Elisa, era di origini e di mentalità siciliane, pensi che mi ha impedito di prendere la patente perché per lei una donna che guidava era donna di malaffare...".

Ma ha potuto studiare?

"Elementari, medie e poi il biennio dell’Istituto commerciale, in via Rondinelli. A quel punto, avevo 16 anni, il babbo mi disse che era il momento di lavorare e mi mandò a gestire il negozio di via Mentana al posto di mio fratello maggiore, Romano, che oggi ha 93 anni, il quale dopo l’università doveva partire per i militari...".

Aveva un solo fratello?

"No, ce n’era un altro, Bruno, lui era del ‘36... Voglio dirle una cosa, oggi si parla tanto di patriarcato, io l’ho vissuto sulla pelle, in casa c’erano tre maschi che comandavano, mia madre con quella mentalità e le mogli dei due fratelli che dicevano sempre sì. Pensi che quando si fece la divisione dei beni a me spettò una parte ridotta perché come donna rendevo meno. Questo era il mondo diffuso negli anni Sessanta".

E lei ha saputo dimostrare esattamente il contrario... Sono 65 anni che è sulla breccia.

"Ricordo ancora il primo giorno, avevo addosso il grembiule nero della scuola... C’è anche la foto. Il negozio l’aveva aperto mio fratello nel 1956 con l’aiuto del babbo, avevano fondato la società ‘Masini Plast’. Era nel caseggiato dall’altra parte di via Mentana, ai numeri 18-20-22, e i locali erano in affitto. Quando poi, diciotto mesi dopo, mio fratello rientrò dai militari si mise a vendere barche in plastica e così la licenza del negozio fu intestata a me. E nel ‘79 cominciai a vendere anche i giocattoli...".

Era ben diversa a quei tempi, via Mentana!

"All’angolo c’era Sangiorgi che faceva i busti, poi in quei locali arrivò il ristorante di Renato, che era anche un bravo pittore, davanti a me c’era Savorelli che vendeva le macchine da scrivere e le calcolatrici Olimpia, poi la famosa drogheria San Domenico e l’oreficeria Cimatti. Sopra al mio negozio c’era l’ufficio comunale per il teatro, si entrava da una porticina fianco, quando gli artisti andavano su, spesso si fermavano a comperare qualcosa, a salutarmi. Ricordo anche che fra i miei clienti c’era il presidente del tribunale, Raspini, che si vantava di essere stato un bersagliere. Col tempo poi ho fornito materiale alla Fermar...".

La società armatrice della Ferruzzi.

"Esatto. Fornivo in particolare le pedane per le docce delle navi, ma anche molti altri oggetti di plastica che venivano usati a bordo".

Nel frattempo si era sposata... "Nel 1966, con Gian Bruno Pollini, l’avevo conosciuto nel ‘63, veniva in negozio ad acquistare barattoli per i campioni di farina, lavorava per l’agenzia marittima Turchi... Poi passò alla Setramar, alle spedizioni doganali, cominciò con l’accompagnarmi a casa dopo la messa, poi si presentò ai miei per chiedere la mia mano, così potevo almeno andare al cinema con lui! Dopo il matrimonio ho atteso quattro anni prima di diventare mamma, volevo consolidare il lavoro. Nel ‘70 è nato Pierpaolo, è ragioniere alla Cassa".

Per lei il lavoro è stato ed è ancora molto importante...

"È la vita e per fortuna ho buona salute, agli inizi avevo una commessa, ma da tempo gestisco il negozio da sola. Il lavoro mi ha dato tante gioie, ma ho dovuto fare anche tante rinunce, ai divertimenti, alle ferie, ma non mi lamento".

A metà degli anni 90 ha trasferito il negozio, a pochi passi...

"Al numero 15 di via Mentana dove sono ancora, c’era un’armeria. La proprietaria del primo negozio aveva aumentato l’affitto a tre milioni di lire e io allora nel 1995 decisi di acquistare quest’altro locale... Avevo un buon risparmio, poi il mutuo, la ristrutturazione... Sì, è stato un notevole investimento, andato a buon fine".

Peraltro tutto il commercio stava cambiando volto, già erano sorti i centri commerciali...

"La svolta maggiore si è avvertita con l’online e la chiusura del parcheggio in piazza Kennedy, ma sono riuscita a ritagliarmi nicchie di mercato che i supermercati non hanno, per dirle i colini in plastica per lo yogurt... Sì, mi rendo conto che sto parlando di un mondo sempre più piccolo, ma ancora c’è e io sono qui per quel mondo. Poi certi giocattoli, i pupazzetti Trudini. Certo che la mia clientela è in gran parte avanti negli anni, gente che cerca il dialogo, che se necessario ha la pazienza di attendere diversi giorni per avere quello che cerca, virtù ormai rara..."

Già da anni la sua è ‘bottega storica’...

"Nel 2013 Ascom e Confesercenti mi ha riconosciuta come ‘Ambasciatrice del commercio’. A oggi, come dicevo, fanno 65 anni che lavoro. Purtroppo quando non dovessi avere più le forze, speriamo il più tardi possibile, dovrò chiudere, non ho eredi disposti a seguire le mie orme".

Carlo Raggi