Va in scena la simulazione di un ’codice rosso’

Filmata la dimostrazione del percorso di una donna vittima di un’aggressione da parte del marito. Sarà visibile on line

di Filippo Donati

Una giornata nella vita di una donna vittima di violenza. È quella cui hanno vita ieri, simulando il percorso intrapreso da una donna vulnerata, gli operatori del Pronto Soccorso, del Centro antiviolenza di Sos Donna e delle Forze dell’ordine, affiancati da una psicologa e dal Procuratore della Repubblica, impegnati a dare vita a una simulazione – realizzata in collaborazione con l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, e che sarà visibile online sul sito dell’Ausl – di quanto accade a una cittadina nel momento in cui arriva all’ospedale dopo aver subito una violenza.

Le prime persone con cui si interfaccia sono ovviamente gli infermieri del Pronto soccorso, i quali immediatamente indirizzano la donna – l’attrice che la impersonava vestiva i panni di Milva, una 38enne farmacista e madre di due figli – dal medico di turno, in questo caso la dottoressa Mirella Barbieri. È lei a visitare la finta paziente protagonista di questa dimostrazione, per la quale opta per una prognosi di venti giorni. Nel frattempo il Ps ha già provveduto a contattare Sos Donna: un’operatrice arriva poco dopo. Immediatamente Elisa Ottaviani propone a Milva di ospitarla in una casa rifugio, dove potrà avere assistenza legale e psicologica: la donna accetta. Poi il colloquio esplora tutti gli aspetti di quanto accaduto la sera del misfatto: uno dei figli, 12enne, ha tentato di difendere la madre dalle violenze del padre, mentre il più piccolo, di cinque anni, era nella sua stanza, dove è stato ritrovato in lacrime. Si tratta della prima violenza che Milva denuncia, nonostante i soprusi proseguano da più di un anno: il marito da tempo ha atteggiamenti verbalmente e fisicamente violenti con la moglie. L’operatrice propone a Milva di andare assieme a sporgere denuncia al commissariato: "Grazie, mi sentieri meglio se non fossi sola".

Davanti all’ufficiale di Polizia giudiziaria la 38enne rievoca gli ultimi due anni del suo rapporto col marito. L’ufficiale non tarda molto a chiamare la Procura: "Siamo nell’ambito di un codice rosso". Il procuratore, ascoltata la Polizia, non ha esitazioni: "Se accompagnate la signora in Procura provvediamo a stendere un quadro della situazione e a decidere quali provvedimenti adottare". Dal sistema informatico gli agenti rilevano che si tratta della prima denuncia contro l’uomo. La prima azione che le forze dell’ordine possono intraprendere è il ritiro del porto dell’armi e delle armi legalmente in possesso del denunciato. Delle violenze perpetrate non ci sono testimoni oltre ai due figli, che verranno ascoltati dalla polizia in seguito, in un ambito protetto.

Terminata questa fase, Milva va a colloquio con una delle psicologhe dell’Ausl, la dottoressa Melissa Mercuriali, che sottopone alla paziente dei test specifici, fra i quali alcuni rivolti a portare alla luce le sue paure, ed emozioni. "Se è troppo doloroso rievocare quanto accaduto possiamo prenderci delle pause", assicura la psicologa, "bere un bicchiere d’acqua, fare una passeggiata nel giardino dell’ospedale".

La paura più grande di Milva è che il marito possa avvicinarsi alla casa rifugio in cui vive ora assieme ai bambini, o alla farmacia in cui lavora. La Procura però nel frattempo ha giudicato la situazione particolarmente grave, e ha deciso di ritenere indispensabile la custodia giudiziaria dell’uomo. Una scelta assunta anche in virtù, come spiegano le assistenti sociali, di quanto riportato dai verbali del Pronto soccorso.

Nei casi in cui l’uomo maltrattante fosse rimasto a piede libero, la Questura può valutare di ricorrere a un ammonimento, spiega la dirigente della polizia Michela Bochicchio, "uno strumento particolarmente efficace, dal momento che circa il 90% degli ammoniti tende a non reiterare le violenze". Ne frattempo Milva non è stata lasciata sola: pur avendo un lavoro la polizia può infatti valutare di assegnarle un congedo riservato alle vittime di violenza, o anche il gratuito patrocinio, che la accompagnerà nelle fasi giudiziarie della vicenda. Per lei gli assistenti sociali potranno anche prendere in considerazione il cosiddetto ‘reddito di libertà’, una piccola somma volta a garantirle una maggiore indipendenza. La storia di Milva, spiegano i partecipanti a questa simulazione, "rappresenta una delle tante variabili possibili nella galassia di quanto vissuto dalle donne vittime di violenza". Altre arriveranno, altre stanno ancora combattendo: "Nessuna di loro verrà lasciata sola".