Vadim Piccione, riaperta l'indagine

Il gip di Rimini chiede nuovi accertamenti anche sulle cause della morte del 22enne di Ravenna

Vadim Piccione e le operazioni di recupero del cadavere

Vadim Piccione e le operazioni di recupero del cadavere

Ravenna, 12 marzo 2019 - Un altro colpo di scena. Un’altra fiammella che alimenta la speranza del padre Giuseppe di sapere cosa davvero accadde quella tragica Notte Rosa del 2012 sulle rive melmose del canale Marano di Riccione, da dove la mattina di sabato 8 luglio fu ripescato il corpo senza vita di Vadim Piccione, 22enne di Ravenna. Il Gip di Rimini, Benedetta Vitolo, ha disposto nuove indagini attraverso un’ordinanza che indica una duplice direzione: da un lato sentire come testimoni gli amici del ragazzo e i loro genitori, dall’altro indurre la Procura a svolgere ulteriori accertamenti sulle cause del decesso, dato che il padre della vittima ha sempre contestato quella dell’annegamento.

Più volte l’inchiesta, orientata verso una tragica fatalità, pareva avviata a conclusione e la famiglia Piccione, attraverso le istanze dell’avvocato Sonia Raimondi, si è sempre opposta alle richieste di archiviazione del pubblico ministero riminese. L’ultimo tentativo di resistenza ha trovato ora soddisfazione attraverso il supplemento di indagine disposto dal giudice. Quella notte il ragazzo, di origini bielorusse, aveva raggiunto la riviera riminese con alcuni amici. Si erano divertiti, avevano bevuto, poi si erano persi di vista. Gli amici erano tornati a casa senza Vadim, il padre tornò all’indomani su quella spiaggia per cercarlo febbrilmente fino alla tragica scoperta. Per «gettare luce sulla triste vicenda» il giudice ha rimesso nella discrezionalità del Pm la possibilità di compiere accertamenti nella forma dell’incidente probatorio. Verrà così sentito il medico legale che intervenne quella mattina e disse che non c’erano segni di annegamento e per questo la causa della morte era da chiarire. Avrebbe dovuto farlo l’autopsia, da cui uscì una conclusione più che altro deduttiva dell’annegamento, in quanto il corpo era stato lasciato al caldo al cimitero in un sacco poiché all’obitorio non c’era posto, e per quel disastro un operatore fu condannato.

La famiglia Piccione ha però sempre ipotizzato reati diversi: morte come conseguenza di altro delitto, abbandono di persone incapaci (Vadim aveva bevuto) e l’omissione di soccorso degli amci. Su questo punto il giudice per le indagini preliminari prende atto che effettivamente non sono mai stati chiariti i contatti che ebbero gli amici di Vadim con i rispettivi genitori, avvalorati anche dai tabulati telefonici. La Procura ha ora tre mesi di tempo per risentire un’amica, che raccolse confidenze attraverso facebook delle persone che si trovavano con Vadim la sera della Notte Rosa, nonché i genitori di un altro amico in merito alle confidenze ricevute dallo stesso: fra padre e figlio, in particolare, ci furono telefonate quella notte. Né è mai stata sentita la madre dell’amico in merito alle confidenze del figlio sulla scomparsa di Vadim. Si era parlato anche di visioni che la donna avrebbe avuto, prima ancora che il corpo fosse trovato, sognando Vadim con un segno sul naso, un’escoriazione che poi fu effettivamente ritrovata sul cadavere.