REDAZIONE RAVENNA

Vi racconto com’è cambiato il mio paese,. San Pietro In Vincoli

Un piccolo paese della Romagna, San Pietro in Vincoli, è stato teatro di eventi culturali e religiosi che hanno segnato la storia di questa terra. Oggi, pur con le trasformazioni, l'amore dei suoi abitanti per la propria terra è rimasto intatto.

Resta sempre vero quanto ha detto il poeta e romanziere russo Leone Tolstoj: "Parla del tuo villaggio se vuoi essere universale", il che significa che prendersi cura di un luogo anche piccolo e marginale, vuol dire aver a cuore la vita umana nella sua essenza. Sotto ogni cielo gli uomini sono accomunati dall’essere persone differenti, portatrici di qualcosa di unico e irripetibile. Quando penso ai nostri paesi di Romagna, così diversi tra loro ma con la stessa passione che frigge nelle vene dei suoi abitanti, mi sento orgoglioso di essere nato in uno di questi: San Pietro in Vincoli, collocato tra Ravenna, Forlì, Cesena, Cervia, paese piccolo che, con i natali, mi ha regalato la lingua, il bel dialetto delle Ville Unite. Nei decenni passati, lì si svolgevano le fiere dei tori e ancora si celebra ’La festa dell’uva’, e nel vecchio ’Camaron’ (sede del partito repubblicano), una volta, si ballava, soprattutto per la ricorrenza del nove febbraio o per carnevale. Un paese prevalentemente agricolo, anche se l’agricoltura oggi ha ceduto il passo all’industria nelle città.

In questo paese per cinquant’anni il farmacista Bruto Carioli ha diretto il coro dei canterini romagnoli, e un’altra personalità quale il dottor Gioacchino Strocchi, medico condotto, ha seguito nel teatro parrocchiale la filodrammatica. E sempre in questo piccolo centro della Romagna ha sede l’Istituto dei Missionari Saveriani, luogo donato nel 1931 dalle sorelle Vignuzzi all’allora arcivescovo di Ravenna Monsignor Antonio Lega perché sorgesse un noviziato, ovvero una casa che doveva preparare i futuri missionari. Centinaia di giovani da ogni parte d’Italia e anche dal’estero di qui sono passati prima di andare per il mondo, e alcuni sono anche morti martiri in terre lontane.

Oggi i novizi non ci sono più, né i canterini di Carioli, e neppure le fiere, e sono cessati i balli nel ’Camerone’; alcuni bar hanno chiuso e il paese è divenuto sempre più polietnico. Le nuove generazioni non parlano più il dialetto. Io stesso da quarant’anni manco, ma mi sono commosso quando ho letto nelle luminarie natalizie dell’altr’anno, versi delle mie poesie. "Nemo propheta in patria" si dice, ma il comitato cittadino e la pro Loco hanno ricambiato alla grande l’amore che ho sempre nutrito per il mio paese.

Nevio Spadoni