Via libera alla demolizione "Abusivi 17 ampliamenti di roulotte al camping Classe"

Il Consiglio di Stato rigetta l’appello di 12 proprietari a cui era stato chiesto di smantellare. La sentenza va nella stessa direzione di quella del Tar, con la condanna a pagare 6.000 euro .

Via libera alla demolizione  "Abusivi 17 ampliamenti   di roulotte al camping Classe"
Via libera alla demolizione "Abusivi 17 ampliamenti di roulotte al camping Classe"

Non si tratta di "semplici pre-ingressi" ma di veri e propri "indebiti ampliamenti della roulottecamper". Come dire che è tutto abusivo. È quanto ha stabilito il Consiglio di Stato rigettando l’appello cumulativo proposto da 12 dei proprietari delle 17 strutture del camping ‘Classe’ di Lido di Dante per le quali il 17 dicembre del 2013 era scattata l’ingiunzione del Comune a demolire. È stato invece dichiarato inammissibile in via preliminare l’appello proposto dalla società ‘Mare Azzurro’ in quanto non compariva tra chi aveva fatto ricorso in primo grado. La sentenza, pubblicata ieri, va nello stesso senso della decisione presa dal Tar di Bologna nell’aprile 2018 (con la condanna al pagamento di 6.000 euro di spese di lite).

La questione era sorta quando il servizio comunale di controllo edilizio, in seguito a specifico sopralluogo della polizia locale, aveva rilevato come le opere in questione costituissero un "ampliamento residenziale" delle roulotte caravan posteggiate sulle piazzole del camping. In particolare le opere "erano articolate in più locali" tra "soggiorno, angolo cottura, cucina, bagni e, in alcuni casi, ripostigli e camere da letto". Non solo: c’erano pure "impianti elettrici e idraulici" oltre a "scarichi delle acque reflue allacciati a un impianto esterno predisposto dal campeggio".

Per i proprietari invece si trattava di "meri pre-ingressi realizzati con materiali smontabili e trasportabili, da accostare agli allestimenti mobili di pernottamento con funzione di protezione e soggiorno diurno delle persone". Una situazione per la quale, secondo i giudici capitolini, "il Comune ha prodotto adeguata documentazione tecnica e fotografica": materiale che "consente di ricostruire nel dettaglio quali fossero e che caratteristiche avessero i singoli manufatti". E ciò ha consentito al collegio romano, presieduto dal giudice Claudio Contessa, "di inquadrarli tutti in una classe omogenea", che è poi quella per la quale il Comune "ha ritenuto necessario un titolo edilizio". Non va nemmeno dimenticato che tali strutture "insistono su di un’area paesaggisticamente vincolata". E ciò peraltro impone "il rilascio di una preventiva autorizzazione ambientale". Senza di quella, si demolisce. Considerazione analoga a quella già proposta dal Tar: ovvero di "nuove costruzioni in area vincolata".

In quanto all’apposita legge regionale, la 16 del 2004, che regola questo tipo di strutture escludendo la necessità di permessi edilizi per le unità abitative mobili e i relativi accessori, i giudici hanno ricordato che occorre comunque fare i conti con "determinati presupposti". Nel nostro caso le "caratteristiche funzionali" delle opere al centro del braccio di ferro amministrativo, pur anche considerando i limiti dimensionali specificati dalla norma regionale (40 metri quadri complessivi), escludono la possibilità di poterle qualificare "quali accessori o pertinenze". In definitiva tutto da demolire a proprie spese insomma. A cui si vanno a sommare 3.000 euro di spese di lite da pagare in solido al Comune.

Andrea Colombari