Faenza, il re del vino Melandri nei guai. Sequestri per 50 milioni di euro

Il Gip mette i sigilli a case, terreni, conti e partecipazioni societarie di Vincenzo Melandri

Vincenzo Secondo Melandri, 50 anni, nato a Faenza, da tutti conosciuto come il re del vino e attualmente in carcere

Vincenzo Secondo Melandri, 50 anni, nato a Faenza, da tutti conosciuto come il re del vino e attualmente in carcere

Faenza (Ravenna), 10 gennaio 2019 - Case, terreni, partecipazioni societarie, denaro. Valore complessivo, 50 milioni di euro. In poche parole, un impero. Ma tutto quanto possiede Vincenzo Secondo Melandri, il 50enne re del vino originario di Faenza e residente a Russi, sarebbe frutto di provento illecito. A questa conclusione è giunto il Gip di Ravenna Andrea Galanti che, sulla scorta delle indagini della Dia di Bologna – l’antimafia – e della Guardia di Finanza di Ravenna, ha disposto il ‘sequestro finalizzato alla confisca’ dell’intero patrimonio che appartiene all’imprenditore, attualmente in carcere nell’ambito dell’inchiesta – coordinata dai Pm Alessandro Mancini e Lucrezia Ciriello – su compravendita di vino, ritenuta fittizia, e conseguente emissione di fatture false al fine di riciclare denaro.

Sotto sequestro sono finiti anche immobili e disponibilità finanziare appartenenti alla ex moglie e all’attuale compagna di Melandri, coimputata assieme a cinque pugliesi nel processo in abbreviato che avrebbe dovuto concludersi ieri. Ma che proprio in ragione dei nuovi sequestri è stato rinviato a febbraio. A chiederlo sono stati i legali degli imputati, il tempo necessario per studiarsi questo nuovo faldone di cento pagine. Melandri – alla sbarra per riciclaggio, autoriciclaggio, usura e trasferimento fraudolento di valori – è difeso dagli avvocati Ermanno Cicognani e Antonio Vincenzi.

Il giudice per le indagini preliminari, Andrea Galanti, ravvisa nelle conclusioni degli investigatori «un’accumulazione patrimoniale ingiustificabile e senza sosta, dunque presuntivamente illecita, pari a 14,2 milioni di euro», accumulata dal 1996 al 2016, quando fu arrestato. E ciò in ragione della «evidente sperequazione esistente tra i redditi dichiarati», da lui e dal suo nucleo familiare, «e l’attività economica dallo stesso svolta». Nonché dal «complessivo, ingentissimo, patrimonio accumulato e suddiviso in terreni, beni immobili, denari e altre utilità intestate a sé, alla moglie o alla compagna, che ha consentito una movimentazione in uscita assolutamente ingiustificabile».

Al tempo stesso il Gip osserva l’anomalia di come «l’imputato e il suo nucleo familiare abbiano serbato negli anni un regime medio di consumi», «piuttosto contenuto, sempre costante e senza picchi», né «Melandri ha mai percepito redditi ingenti, anzi «per alcune annualità d’imposta si è prossimi alla soglia povertà». Ecco allora il lungo elenco dei possedimenti. Solo per Melandri si contano più di settanta appezzamenti di terreni e una dozzina di fabbricati spalmati tra i comuni di Forlì, Russi e Faenza, 21 tra conti correnti, deposito titoli e polizze, dodici partecipazioni societarie (anche un 17% del Russi calcio e l’1,7% della Domus Nova), e otto automezzi. Di rilievo anche il patrimonio sequestrato alla ex moglie, terreni e case.

Ma perché tutto illecito? Per motivarlo il giudice ricostruisce la storia dell’impero Melandri, che reputa figura dal «ventennale spessore criminale». Quindi dalla prima indagine del Nas del 1996 su vini alterati, poi altri guai con la repubblica di San Marino (tuttora in sequestro 9 milioni di euro) e con l’Agenzia delle Entrate. Tante grane negli anni ’90 (anche il divieto di detenere armi e una denuncia archivata per associazione di stampo mafioso), fino alla più recente condanna, 4 anni in appello a Bari, per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale.