"Violentata, abortii", tutto prescritto La difesa: "Il marito era all’estero"

Il singolare caso approdato a sentenza: lui condannato solo per maltrattamenti

"Violentata, abortii", tutto prescritto  La difesa: "Il marito era all’estero"
"Violentata, abortii", tutto prescritto La difesa: "Il marito era all’estero"

Da una parte la prescrizione, dall’altra una possibile condanna per violenza sessuale. Lo spartiacque, il 2012: anno in cui il tempo di prescrizione è raddoppiato per effetto di una modifica al codice penale. E la protagonista di questa vicenda, aveva ricordato in aula di avere subito l’ultimo abuso dal consorte in occasione di un aborto volontario portato a termine nel 2013. I documenti giunti dalla clinica ravennate poco prima della sentenza, hanno però retrocesso l’evento fino al 2010.

E così giovedì scorso l’uomo - un operaio ultra-cinquantenne di origine straniera difeso dagli avvocati Simone Balzani e Cinzia Montanari - è stato condannato a due anni per maltrattamenti ma si è visto dichiarare prescritta la posizione per la contestata violenza sessuale (la procura aveva chiesto cinque anni in totale). Alla donna - una connazionale parte civile con l’avvocato Cristina Magnani - il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Antonella Guidomei (foto), ha riconosciuto una provvisionale di 7 mila euro.

La donna in un paio di occasioni - nel 2006 e nel 2013 - si era rivolta a Linea Rosa per via di quel marito a suo dire manesco tra minacce, spinte, insulti e botte. La denuncia era però arrivata a fine 2020: la donna aveva lamentato di essere stata maltrattata praticamente dall’arrivo in Italia nel 2005 grazie a un ricongiungimento familiare con il marito e fino al 2015. E di avere subito abusi sessuali fino al fatidico 2012, collocando poi un ulteriore episodio nel 2013.

Per la difesa si trattava in buona sostanza di una denuncia strumentale, fatta nel contesto di una separazione litigiosa. Di fatto nel corso delle indagini erano stati sentiti vari testimoni tra cui, oltre ad alcuni amici e al medico di famiglia, anche il figlio. Quest’ultimo a dibattimento, nel corso di una dolorosa deposizione, aveva restituito il quadro di due che si comportavano come estranei in casa. La donna in aula aveva ribadito di avere vissuto nel terrore anche se lui, a causa del lavoro, si trovava all’estero per mesi. Litigi e violenze li aveva ricollegati all’abuso di alcol. Ma soprattutto aveva ricordato di quell’ultima violenza a cui era seguito l’aborto. Aveva collocato il tutto nell’anno 2013. Le cartelle della clinica hanno però fissato tutto in extremis nell’autunno di tre ani prima. Periodo nel quale - secondo i documenti prodotti la difesa - il marito nemmeno si trovava in Italia.

a.col.