Ravenna, "La vita in clausura? È fitta di impegni"

Clarisse Cappuccine, suor Maria Grazia racconta le giornate in monastero

Suor Maria Grazia

Suor Maria Grazia

Ravenna, 12 maggio 2019 - Mani raccolte sul volto fino a sfiorare il velo, un letto disfatto su cavalletti di legno. E un lungo corridoio avvolto nella penombra, dove campeggia una frase eloquente: "Mio Dio, mio tutto". Girando l’angolo su via Pietro Alighieri, una schiera di passanti tira fuori il cellulare dalle tasche per immortalare gli scatti in bianco e nero affissi al muro del monastero di clausura delle Clarisse Cappuccine. Ritraggono le sorelle che vivono al di là del portone mentre pregano e passeggiano nell’orto innevato. In mostra c’è la quotidianità della vita all’interno del monastero. Varcata la porta, seduta nell’orto c’è suor Maria Grazia, la madre superiora, ci accoglie con l’erba intrecciata nei sandali e un grosso sorriso.

Suor Maria Grazia, la vostra quotidianità ‘svelata’ agli occhi del pubblico è un modo per aprirsi verso l’esterno?

"Sì, da quando sono appese le foto della mostra tutti ci chiamano perché "abbiamo fatto una bella cosa per Ravenna", dicono. Siamo felici se la gente ci conosce di più".

Siamo curiosi, cosa fa oggi durante il giorno una monaca di clausura?

"Rispondo una domanda: quanto tempo hai? Perché c’è tanto da dire".

Partiamo dal principio.

"Ci svegliamo alle 5.30 per pregare. Si parte con la liturgia delle ore, i salmi distribuiti in varie ore della giornata. Poi facciamo un’ora di meditazione. E alle 7.30 c’è la messa. Al pomeriggio continuano le preghiere".

E la colazione?

"Si fa alle 8.30, noi viviamo di provvidenza quindi mangiamo quello che abbiamo. Di solito caffè latte e biscotti, o tè. Poi alle 9 andiamo a fare le prove dei canti".

Siete otto sorelle, ognuna con il suo ‘ruolo in casa’.

"Esatto, ad esempio c’è l’infermiera, la sacrestana, chi si prende cura dell’orto, chi cucina, chi risponde al telefono o alle lettere e chi accoglie i visitatori".

Sono tanti?

"Tantissimi, riceviamo tante lettere ma molte persone ci vengono anche a trovare".

Cosa vi chiedono?

"Hanno problemi e vorrebbero sapere come risolverli".

E lei cosa risponde?

"Mi rivolgo a Gesù e mi faccio indirizzare verso il consiglio più giusto per la storia specifica".

Prima mi ha detto «se credi è la fede che conta». È quello che dice a chi le chiede aiuto?

"Una signora è venuta da noi dicendo che aveva già preparato tre vasetti pieni di pillole che voleva ingurgitare insieme. Stava male per cose successe nella sua vita. È tornata dopo qualche giorno per ringraziarci perché dopo il nostro colloquio si sentiva meglio".

Quando ha avuto la vocazione?

"Avevo 22 anni, ora ne ho 58".

Cosa voleva fare da ragazzina?

"L’infermiera, infatti mi sono diplomata. Poi volevo partire in missione. Sentivo già che avevo bisogno di fare qualcosa per gli altri".

Non le manca nulla della vita di prima?

"I ghiaccioli, solo quelli. Anzi no, anche il motorino. Guidavo come una pazza".

Usa i social?

"Ho Facebook e uso Whatsapp, ma solo per scrivere al medico quando abbiamo bisogno".

Dica la verità, ci tornerebbe in giro su quel motorino?

"Le rispondo così: l’amore di lui rende felice".