"Voglio arrivare a seicento donazioni"

Il recordman dell’Advs, oggi a quota 425, non ha intenzione di fermarsi: "Farò del bene finché la mia ’macchina’ me lo consentirà"

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"È un gesto che viene da dentro. Non lo faccio per ricevere applausi: per questo preferisco rimanere anonimo". Gian Luigi, 55 anni, spiega così la sua scelta di comparire soltanto col nome di battesimo. Il ‘gesto’ di cui parla sono le 425 donazioni che l’hanno reso il membro più attivo dell’Advs (Associazione donatori volontari sangue) di Ravenna. Una quota, già straordinaria, che Gianluca intende alzare ancora: "Finché il mio corpo, la ‘macchina’ come lo chiamo io, me lo consentirà, non intendo fermarmi. Voglio arrivare a 600 donazioni".

Gian Luigi, quand’è partito il suo ‘viaggio’ da donatore?

"Mi sono iscritto all’Advs per la prima volta nel 1987. Avevo 21 anni e decisi di seguire le orme dei miei genitori, che erano entrambi donatori".

Cosa significa per lei donare?

"Non è un gioco, questo è certo. Tuttavia a me risulta ‘piacevole’. Invece conosco persone, anche amici, a cui donare ha dato problemi fisici. Cerco ancora oggi di tenermi in forma con l’attività sportiva: sicuramente ciò ha contribuito alla mia ‘predisposizione’ alle donazioni. Per di più, grazie agli esami che vengono fatti, donando tengo sempre monitorato il mio stato di salute. Faccio del bene e, allo stesso tempo, mi controllo".

Come si arriva a 400 donazioni?

"Con grande costanza. Sono principalmente un donatore di plasma e lo faccio in media ogni 25 giorni. In questi oltre trent’anni all’Advs non mi sono mai fermato".

A proposito: cos’è cambiato nel tempo all’interno dell’Associazione?

"Un po’ tutto, dalla sede – che è stata spostata – alle nuove tecnologie. Le macchine per il plasma, ad esempio, erano due o tre all’inizio: ora sono triplicate. Oggi, per preservare la ‘qualità’ delle donazioni, ci sono anche molti più controlli. Di positivo, almeno per me, c’è però che il limite di età per gli uomini è stato prorogato a 70 anni. Ho ancora tanto tempo per donare".

È riuscito a coinvolgere amici e parenti nella sua ‘missione’?

"Appena diventato maggiorenne, mio figlio ha scelto di seguire il mio esempio. Spero che lo stesso accadrà anche a mia figlia. In passato, di amici ne ho convinti parecchi, ma quasi tutti hanno smesso per via dell’età".

La pandemia ha frenato le donazioni?

"Personalmente non mi sono mai fermato, neppure durante il primo lockdown quando c’era una generale ‘repulsione’ per le strutture ospedaliere. Il personale era ben attrezzato, non c’è mai stato il rischio di contrarre il virus durante una donazione".

Cosa vuole dire a chi è dubbioso sul donare?

"È un gesto che ognuno dovrebbe compiere. Tanti li sento dire ‘ci andrò’, ma alla fine non lo fanno. Quando però vanno in ospedale si aspettano che ci sia il sangue per le trasfusioni: invece non è così scontato. Tutti dovrebbero donare. O almeno provarci. Io stesso ho paura dell’ago: in 34 anni ho sempre distolto lo sguardo al momento della ‘puntura’. Ma il timore non può essere una scusa per non fare del bene".

Gabriele Bonfiglioli