
Muti stasera a Ravenna Festival con l’Orchestra giovanile Cherubini. Poi replica ad Agrigento e tour a Codroipo, Lucca, Pompei
Ravenna, 5 luglio 2025 – Più che un tour, sarà un Grand Tour, uno speciale viaggio nella bellezza della musica e dell’Italia, come quello che gli aristocratici europei compivano già tre secoli fa per conoscere la terra “dove fioriscono i limoni”. Stasera al Ravenna Festival Riccardo Muti, insieme alla sua amatissima Orchestra giovanile Cherubini, darà il via a una serie di concerti che lo porteranno da nord a sud, fra gli scenari più affascinanti dello Stivale. In alcuni casi, curiosamente, queste serate dedicate a grandi pagine sinfoniche saranno “incastonate“ in cartelloni pop e rock: a Villa Manin, per esempio, sullo stesso palco il giorno successivo canterà Giorgia, mentre a Lucca la presenza del Maestro si collocherà fra gli show di Jennifer Lopez e di Alanis Morissette.
“Lo so, può sembrare strano che abbia deciso di dirigere anche in luoghi solitamente destinati ad altri generi musicali – confida Riccardo Muti –. L’ho fatto soprattutto per questi giovani, espressione dell’Italia migliore, che escono dai conservatori e che meritano di trovare una loro collocazione nel nostro Paese, al servizio dell’arricchimento culturale e spirituale e, appunto, della bellezza. E che possono mostrare come esista anche un altro genere di musica”.
Maestro, c’è bisogno di bellezza?
“Sì, e credo che ce ne sia anche il desiderio. Un mese fa qui a Ravenna abbiamo riunito più di tremila coristi arrivati da tutta Italia per cantare insieme Verdi. Non si erano mai incontrati, non avevano fatto prove, provenivano da tradizioni diverse, eppure si è creata subito un’armonia. È sembrato quasi un miracolo, ma il miracolo lo ha fatto la musica”.
Un evento incredibile. Che immagine ne conserva?
“Ho visto una grande disponibilità all’apprendimento. Mi ha colpito il fatto che, in due giorni di lavoro, con tremila persone, non si sia mai sentito squillare un telefonino come invece ormai accade anche nelle sale da concerto più blasonate. Vuol dire che c’era una partecipazione attenta, quasi sacrale. La definizione più bella della musica l’ha data proprio Dante che nel Paradiso scrive che una “melode“ lo rapì “senza intender l’inno“: la musica non è comprensione, ma prima di tutto è rapimento”.
Stasera dirigerà la Quinta di Beethoven, l’Italiana di Mendelssohn, la sinfonia da I Vespri siciliani di Verdi, poi in tour anche il Bolero di Ravel. Come ha scelto il programma?
“La Cherubini è un’orchestra di formazione e mi sembra giusto eseguire con loro pagine fondamentali della letteratura sinfonica. Non è routine, è approfondimento. Della sinfonia dei Vespri di Verdi, per esempio, amo far scoprire la nobiltà, la raffinatezza e quei tratti d’italianità che diventano universali. Con il Bolero di Ravel cercherò di mettere in luce tutte le prime parti dell’orchestra, compreso il primo trombone: l’assolo sarà eseguito da una bravissima, giovane musicista”.
Ha inserito anche il tema del Padrino di Nino Rota...
“Un grandissimo musicista a cui sono molto legato. Era direttore del Conservatorio di Bari quando sostenni l’esame del quinto anno di pianoforte e lui mi disse che la commissione mi aveva attribuito il massimo dei voti, “non per come hai suonato oggi ma per come potrai dirigere domani“. Fu presente anche al mio matrimonio”.
Il tour terminerà a pochi giorni dal suo 84° compleanno. Cosa si augura?
“Gli anni passano per me, come per tutti. Ho ancora tanti progetti e tanto entusiasmo per realizzarli. Ma mi auguro di avere il coraggio di decidere di fermarmi nel momento in cui dovessi sentire di non essere più in grado di dare ma solo di ricevere. Come diceva Francesco Siciliani, grande direttore artistico, non si devono mettere le pantofole dove una volta si sono portati i coturni”.
Peraltro la sua agenda è ancora fittissima: il tour, poi Salisburgo a Ferragosto con i Wiener, in settembre l’Academy in Giappone...
“Oggi mi piace molto insegnare. Ai giovani cerco di trasmettere quello che ho ricevuto dai miei grandi maestri, Antonino Votto che fu assistente di Toscanini, Bruno Bettinelli, Vincenzo Vitale: questo passaggio orale della tradizione è fondamentale, non si troverà mai sui libri di testo”.
E fra tanti giovani vede un suo pupillo?
“In questi anni ho seguito vari giovani direttori, ragazzi e ragazze, che già oggi rivestono posizioni di rilievo in istituzioni musicali nel mondo. Non amo le imitazioni: credo che ognuno abbia la propria personalità e debba esprimerla. Ma quello che pretendo da ogni allievo è un curriculum severo di studi: oggi purtroppo spesso viene a mancare, a 22 o 23 anni già si dirige tutto. E si può anche bluffare”. Ovvero?
“La società in cui viviamo vuole “vedere“, più che “sentire“, per cui magari si premia la gestualità eccessiva. La direzione d’orchestra, che era molto più controllata, oggi diventa sempre più vistosa. E non è un bene”.