Pellet, poco e con prezzi alle stelle. "C’è un’isterica corsa all’acquisto"

Anche l’offerta delle alternative al gas è in picchiata a fronte di una domanda mai così alta. I grossisti ravennati: "Lo importiamo da tutta Europa, il costo è passato da 4 a 12 euro al quintale"

Francesco Fabbri, ad della Ricci Pietro Srl, grossista di pellet (foto Zani)

Francesco Fabbri, ad della Ricci Pietro Srl, grossista di pellet (foto Zani)

Ravenna, 1 settembre 2022 - La guerra in Ucraina e l’embargo imposto a Russia e Bielorussia hanno causato un crollo nella disponibilità di pellet proprio ora che la domanda, complici i costi del gas, è schizzata verso l’alto. "Parliamo di un 30% di prodotto in meno", fa notare Francesco Fabbri, amministratore delegato della Ricci Pietro Srl, grossista ravennate che è un colosso del settore a livello nazionale. I prezzi non hanno tardato ad adeguarsi: "dobbiamo immaginare il gas e il pellet come una lepre e un cane intenti, ora come ora, in una folle rincorsa. Il pellet non ha visto il suo prezzo decuplicare come accaduto al gas sul mercato di Amsterdam, ma siamo comunque passati dai 4-5 euro al quintale agli 11-12".

Il tutto a fronte di una domanda ormai non più quantificabile: "l’unica stima che posso fare è che pare non esserci limite alle richieste che ci arrivano. Da ogni parte d’Europa: recentemente dalla Lituania, dal Belgio. Avessimo più materiale lo venderemmo tutto, e badate che stiamo comunque importando materiale da una ventina di paesi. Ci sono aspetti in questa corsa all’acquisto che sfiorano l’isterismo". Il crollo dell’offerta di prodotto ha avuto una serie di conseguenze a cascata: "pochi sanno che oltre al mercato domestico del pellet esiste anche quello industriale, molto forte soprattutto in Gran Bretagna, Danimarca, Paesi Bassi, Norvegia. Centrali termoelettriche che producono bruciando pellet, e che ora, con l’aumento dei costi dell’energia elettrica, hanno la forza economica per fare incetta di materiale, anche ‘invadendo’ il mercato del pellet domestico, di qualità e prezzo maggiori rispetto a quello industriale. Ma lo congiuntura consente loro di osare, e dunque osano".

Tanto che molte nazioni sono corse ai ripari: "l’Ungheria e la Bosnia hanno imposto uno stop alle esportazioni, mentre Austria e Germania hanno raccomandato di conservare le scorte in vista dell’inverno". Per l’Italia – che produce appena il 15-20% del pellet che consuma – c’è insomma il rischio di rimanere con il cerino in mano. "Far arrivare un prodotto ‘povero’ come il pellet dagli altri continenti – ad esempio dal Brasile o dalla Malesia – non conviene economicamente a causa dei costi per i trasporti, anche su quel fronte schizzati verso l’alto".

Eppure la domanda è altissima: "il nostro consiglio ai consumatori è lo stesso di ogni annata: acquistare il pellet quando c’è meno richiesta, fra i mesi di aprile ad agosto. Quest’anno il prodotto verrà a mancare, già lo sappiamo. Molte famiglie si scalderanno usando solo il 70% del materiale. Paradossalmente, dinanzi a questa carenza, c’è chi si sta buttando sul gas. Manovra che personalmente sconsiglierei: il pellet rimane pur sempre un prodotto di cui si può fare una scorta casalinga nei periodi in cui la domanda è più bassa e i prezzi ancora abbordabili".