Ravenna, 8 novembre 2011 - La maglia n.18. Un posto ‘garantito’ in panchina. L’infortunio di Egbedi. L’ingresso in campo in avvio di ripresa. Il cross di Noschese dalla sinistra. Una acrobazia in mezzo all’area di rigore. La coordinazione e la stoccata vincente. Ecco la domenica diversa di Henri Shiba: nei progetti di mister Giorgetti, c’era un turno di riposo, ma il corso degli eventi ha detto che non si poteva aspettare. Per arrampicarsi sulla cima della prima vittoria interna della stagione, e per scacciare i fantasmi della crisi, c’è voluta dunque una magia di questo ragazzone albanese di 23 anni, che ride poco, ma che di gol ne fa abbastanza (4).

Per capire meglio Henri, bisogna andare da Besim a San Benedetto del Tronto. Besim è il papà di Henri e ha una passione incredibile per il calcio, oltre che l’abbonamento al Ravenna: «In famiglia — racconta il padre — siamo dieci fratelli; i sei maschi hanno giocato tutti a calcio in Albania. Anch’io l’ho fatto, sono arrivato fino alla serie B, ma i miei tempi erano... altri tempi». Dall’inizio degli anni ’90, Besim Shiba è in Italia con tutta la famiglia. Famiglia di sportivi, ovviamente.

L’atletica leggera era lo sport della moglie Magnola. I tre figli non sono stati da meno. Ina ha cominciato con la pallavolo, ma ora è negli Usa a studiare. In Italia sono rimasti il ‘nostro’ Henri, che, prima di vestire il giallorosso ha collezionato qualche stagione da gregario in LegaPro a Vasto, Novara, Cava de’ Tirreni, Celano e Barletta, nonché il terzogenito Cristian, attaccante della Samb — «Ha dieci anni ma gioca con quelli di tredici» — già opzionato dal Milan dopo un provino tenuto lo scorso anno a Milanello.

Besim era in tribuna domenica al Benelli e ha assistito al risicato, ma fondamentale, successo sul Forcoli: «Dalla tribuna — aggiunge Shiba senjor — si vedono tante cose, ad esempio che il centrocampo non funziona troppo bene. Ma l’importante era vincere. Speriamo che questa vittoria possa sbloccare la squadra, perché Ravenna merita davvero molto di più della serie D, e merita anche molto di più di questa classifica. Vedere lo stadio così vuoto non è una bella cosa. Io faccio il paragone con San Benedetto del Tronto, dove, allo stadio, va molta gente a prescindere dalla categoria. Tuttavia, del pubblico ravennate ho apprezzato tantissimo il ricordo e gli applausi che sono stati fatti per Brian Filipi».

E mentre quegli applausi arrivavano dalla curva Mero, Henri Shiba aveva appena iniziato a giocare: «Già dalla fine del primo tempo mister Giorgetti mi aveva detto di scaldarmi. In verità credevo di dover entrare nel corso del secondo tempo, invece ho cominciato subito. La vittoria? Importantissima. E conta davvero poco com’è venuta. Dovevamo rompere il ghiaccio e l’abbiamo fatto. Certo, il difficile viene adesso perché dobbiamo confermarci». La vittoria è stata una sorta di liberazione, anche nello spogliatoio: «Sì, certo, abbiamo festeggiato, ma tutto è finito dopo la doccia, perché, col fatto che torneremo in campo già domani, il tempo per godersi questi tre punti non c’è».

Con il gol-partita di domenica, Shiba ha raggiunto Frediani in cima alla classifica dei bomber giallorossi. Due reti alla Virtus Pavullese ed uno allo Scandicci sono le altre perle, ma... «Sì, quello al Forcoli — è convinto Henri — è sicuramente il più importante perché ha risolto una situazione complicata. Dal punto di vista personale la panchina non mi fa male. Se finisse sempre così, cioè con un mio gol, non sarebbe male. Ma la maglia da titolare dà una carica incredibile».
Roberto Romin