Sara Errani caso doping, il pm chiede l'archiviazione

Pastiglia vietata dentro i tortellini, per la Procura non c’è la prova che la tennista sapesse cosa stava assumendo. L'atleta risultò positiva nel 2017

Sara Errani, 32 anni, finalista  al Roland Garros 2012

Sara Errani, 32 anni, finalista al Roland Garros 2012

Ravenna, 20 giugno 2019 - La versione resa dalla tennista, quella del farmaco finito accidentalmente nei tortellini preparati dalla madre, viene ritenuta "inverosimile". Ma dato che il fatto fu episodico, e che in quel periodo Sara Errani non aveva gare o tornei in programma, non c’è la prova che l’atleta fosse consapevole di assumere quella sostanza vietata, il letrozolo. A queste conclusioni è giunto il Pm Cristina D’Aniello, che ha presentato richiesta di archiviazione – pendente davanti al Gip Janos Barlotti – per la campionessa di Massa Lombarda dall’accusa di avere fatto uso di sostanze dopanti.

La finalista di Roland Garros 2012 risultò positiva al letrozolo nel febbraio 2017 dopo un controllo antidoping. L’iniziale squalifica di due mesi della Federtennis fu aumentata a dieci mesi dalla Procura nazionale antidoping (Nado), l’appello del giudizio sportivo. Con quest’ultima che, in automatico, trasmise gli atti alla Procura competente, vale a dire Ravenna, in quanto la presunta assunzione della sostanza illecita sarebbe avvenuta a Massa Lombarda.

E questo in un contesto singolare: una pastiglia di Femara, un farmaco antitumorale finito accidentalmente nell’impasto dei tortellini che la madre quel giorno d’inverno stava preparando a Sara. La tennista, interrogata prima dai carabinieri del Nas poi dallo stesso pubblico ministero, ha sempre ribadito questa versione dei fatti come la sola plausibile, una sorta di incidente domestico, negando sempre l’assunzione volontaria. La Procura l’ha indagata contestandole il fatto di avere assunto un farmaco, compreso nella tabella delle sostanze proibite, al fine di alterare in senso migliorativo le prestazioni agonistiche.

Questo in base a un recente articolo del codice penale che ricalca la legge antidoping e prevede fino a tre anni di reclusione. Lei si era difesa sostenendo che "il letrozolo non è una sostanza che migliora la prestazione sportiva nelle donne e che normalmente lo utilizzano gli uomini che fanno uso di altre sostanze dopanti".

Ad ogni modo la Procura era chiamata a valutare il cosiddetto ‘elemento psicologico’, vale a dire se la tennista avesse consapevolezza di quell’assunzione. E una serie di circostanze hanno giocato a suo favore. Anzitutto è effettivamente documentato l’utilizzo della madre dell’indagata di quel medicinale contenente la sostanza proibita. In secondo luogo la Errani si trovava in un forzato periodo di assenza dalle manifestazioni sportive. L’impossibilità, infine, di determinare se la concentrazione della sostanza vietata nelle urine fosse da ricondurre a una o più somministrazioni contribuisce a rendere il caso «di difficile interpretazione».