Visite 'hot', ortopedico accusato da più pazienti

L'uomo si proclama estraneo alle accuse di violenza sessuale

Visita medica (foto Ravaglia)

Visita medica (foto Ravaglia)

Ravenna, 1 agosto 2014 - Alla paziente che inizialmente aveva presentato denuncia nei suoi confronti per averla visitata nelle parti intime, se ne sono aggiunte altre e così per E.R., medico ortopedico dipendente dell’Ausl di Ravenna, la posizione si è aggravata e la Procura ha chiesto e ottenuto dal gip la misura cautelare degli arresti domiciliari. L’ipotesi di reato è quella di violenza sessuale ai danni di più donne; in particolare la condotta attribuita al medico è quella di aver toccato nelle parti intime alcune pazienti che si erano recate nel suo ambulatorio al Centro di medicina e prevenzione (il Cmp), in via Fiume Montone Abbandonato, per una visita ortopedica.

Il professionista comparirà questa mattina in tribunale, davanti al gip Rossella Materia per l’interrogatorio di garanzia. Difeso dagli avvocati Giancarlo Ridolfi e Fabrizio Basile, il medico dovrebbe rispondere all’interrogatorio, come già aveva fatto qualche mese fa quando fu sentito, a piede libero, dagli inquirenti. L’ortopedico si proclama estraneo alle accuse, sostenendo di essersi sempre comportato correttamente durante le visite e secondo modalità e protocolli collaudati.

Quando l’ortopedico venne iscritto nel registro degli indagati e, alcuni mesi fa, il pm Monica Gargiulo dispose il sequestro delle cartelle cliniche custodite nel suo ambulatorio al Cmp e in ospedale, l’Ausl adottò nei suoi confronti un provvedimento interdittivo di carattere organizzativo nel senso che gli fu inibita l’attività ambulatoriale sia in regime istituzionale, ovvero in ospedale, sia libero professionale ovvero negli ambulatori del Cmp, mentre l’attività di visita al pronto soccorso ortopedico avrebbe potuto essere svolta solo alla presenza di un’infermiera. 

A quel punto l’ortopedico ha rinunciato, con una comunicazione scritta all’Ausl, all’attività di visita nell’ambulatorio in ospedale limitandosi solo all’attività in sala operatoria e in reparto. «Proprio per questo — ha evidenziato l’avvocato Ridolfi — ha sorpreso la misura cautelare, dettata dall’esigenza di evitare il pericolo di reiterazione del reato; un rischio che, con le limitazioni e le autolimitazioni, in concreto non poteva realizzarsi». L’inchiesta è stata avviata dopo la querela presentata da una paziente che aveva detto di essere stata palpeggiata in ambulatorio durante la visita ortopedica. Gli inquirenti hanno sentito tutte le pazienti e qualcuna di queste ha poi svolto analoghi racconti: di qui il moltiplicarsi delle contestazioni. E, ora, la misura cautelare.