Reggio Emilia, lo stadio Giglio compie 25 anni

Primo impianto calcistico privato in Italia, arriva oggi al quarto di secolo: nel 1995 fu inaugurato con Reggiana-Juventus

Una foto dello stadio Giglio quando ancora non esisteva il centro commerciale i Petali

Una foto dello stadio Giglio quando ancora non esisteva il centro commerciale i Petali

Reggio Emilia, 15 aprile 2020 – Lo stadio di Reggio Emilia compie 25 anni. Il 15 aprile 1995, davanti ad oltre 23mila spettatori, il “Giglio” ospitò la sfida di serie A tra Reggiana e Juventus, diventando così il primo impianto calcistico privato della penisola. I bianco-neri, allora in lotta per conquistare il tricolore, avrebbero tagliato lo stesso traguardo una vita dopo, nel 2011 e la storia del pallone italico è piena di tentativi che si sono spesso scontrati con la burocrazia. Non è stato così alle nostre latitudini, grazie alla giunta Spaggiari che sostenne l’iniziativa: 22 miliardi di lire, 8 mesi di lavori e la città ebbe in dote una nuova casa, erede di quel Mirabello ubicato in posizione centrale ma ormai sempre pieno visti i due campionati di fila nella massima serie. L’intuizione, occorre dare a Cesare quel che è di Cesare, fu di Franco Dal Cin, amministratore delegato granata, uno abituato a pensare in grande e non in modo convenzionale: portò Zico ad Udine, tanto per fare un parallelo, e a Reggio mise in piedi un’idea davvero avveniristica. Non tutto, però, filò per il meglio e tanti tifosi – che all’epoca sottoscrissero abbonamenti pluriennali per sostenere la causa – oggi di fatto non possono dirsi innamorati dell’impianto di piazzale Atleti Azzurri d’Italia: in primis per aver affossato - causa l'impatto economico della struttura - le ambizioni sportive della squadra, relegata ormai dal 1999 al di sotto della serie B, ma anche e soprattutto per quello che da tanti è considerato uno sgarbo “Made in Mapei”, avvenuto in era ben più recente. Per quanto riguarda il lato prettamente sportivo, la gestione divenne insostenibile a causa della discesa in B e, successivamente in C1, oltre che per i ritardi nell’approvazione della variante che permise poi in seguito di costruire i Petali, moderno centro commerciale intorno allo stadio. Ci vollero 3 mesi per approvare lo stadio nel 1994, servirono 7 anni per quest’ultima. Un torto che Dal Cin non ha mai digerito, individuando il futuro sindaco Graziano Delrio come nemico giurato: “Mi costrinse a vendere la Reggiana ed, immediatamente, Foglia (il successore – ndr) ebbe la variante. Ma i 20 milioni che incassò come vendita dei diritti di superficie, dove sono finiti?” si chiede il manager di Vittorio Veneto. La Reggiana, infatti, fallì nel 2005, tre anni dopo esser passata da mani friulane a mani parmensi e si rese necessario l’asta per assegnare lo stadio. La prima, a 6 milioni, deserta. La seconda, nel 2013, sembrò da subito indirizzata verso la Football Properties del patron granata Alessandro Barilli quando ecco il colpo di scena: per poco meno di 4 milioni di euro arrivò l’offerta della Mapei, proprietaria del Sassuolo, che poi gli ha rifatto il look adeguandolo agli standard Uefa. Da sostenitori del progetto con gli abbonamenti pluriennali a “sfrattati di casa”: così tanti tifosi granata hanno vissuto quest’ultimo passaggio. Facendoli disinnamorare da quello che, nonostante i 25 anni di età, è - oggi come allora - uno stadio di prospettiva internazionale, che tutto avrebbe avuto per essere motivo di vanto per la nostra città e per i suoi abitanti.