Sentieri, Chierici e quell’amore per la montagna. Se ne parlerà al Cai

Lo scienziato fu tra i fondatori della sezione reggiana del Club alpino italiano

 il Gruppo Mtb  del Cai parteciperà all’escursione  di domenica al Rifugio Cai Cesare Batt

il Gruppo Mtb del Cai parteciperà all’escursione di domenica al Rifugio Cai Cesare Batt

Reggio Emilia, 11 ottobre 2019 - Gaetano Chierici, la ricerca archeologica e il Cai. Il 18 ottobre alle 21, nella sede del Cai Reggio Emilia, in via Caduti delle Reggiane 1H (Zona Campovolo) si parlerà del grande scienziato reggiano e del suo impegno nel Club alpino italiano. C’è una bella foto, di oltre 140 anni fa, che ritrae un gruppo di soci del Club alpino italiano al Castello di Canossa. È un’immagine molto significativa per la ricerca archeologica reggiana, che racconta dei primi scavi a Canossa, effettuati proprio dai soci della Sezione dell’Enza del Cai, nata nel 1875 tra Parma e Reggio Emilia. Non deve stupire che nel 1877 fosse il sodalizio, fondato nel 1863 da Quintino Sella, a impegnarsi in una ricerca archeologica così importante come quella di Canossa.

A dirigere gli scavi c’era don Gaetano Chierici, eminente scienziato reggiano, archeologo, tra i fondatori della moderna paletnologia. Chierici fu tra i fondatori e anche presidente della Sezione dell’Enza, che già dalla sua costituzione si era impegnata nel 1875 negli scavi a Bismantova, sempre sotto la guida del Chierici. Di questo stretto e significativo rapporto tra Chierici, la ricerca archeologica sull’Appennino reggiano e il Club alpino italiano, a cui si aggiunge l’importantissimo ruolo di un altro socio del Cai, Naborre Campanini, parlerà il 18 ottobre Giuliano Cervi, presidente del Comitato Scientifico Centrale del Cai.

Dell’intreccio tra le ricerche archeologiche di Chierici e l’attività del Cai lo stesso Cervi ha parlato nell’importante convegno che si è svolto dal 19 al 21 settembre a Reggio Emilia su “Attualità di don Gaetano Chierici: archeologo, museologo e maestro di impegno civile” nel 200º anniversario della nascita. L’impegno di Chierici e dei soci del Cai non era casuale. «Il Club alpino italiano – ricorda Cervi - fu il primo organismo che si impegnò fortemente per far conoscere agli italiani la parte più consistente del territorio nazionale creando itinerari e mete che diventeranno canoniche nei decenni successivi.

È la prima associazione italiana a fare opera sistematica di propaganda e di sostegno al turismo facendo da battistrada a quella vera e propria rivoluzione che si attuerà con la nascita del Touring Club e con la diffusione delle sue pubblicazioni. Nei primi decenni della sua esistenza il Cai – aggiunge Cervi – fu luogo di aggregazione di alcune tra le più importanti personalità scientifiche impegnate nel disegnare e costruire l’assetto scientifico e culturale del nuovo stato unitario, facendo in tal modo assumere al sodalizio la funzione di un’autentica scuola di formazione per le nuove generazioni e in particolare per costruire la nuova classe dirigente.  Assai significativo fu anche il rapporto che legava il Chierici allo Stoppani del ‘Bel Paese’».

Che il Cai non dovesse essere solo un club di alpinisti fu chiaro fin da subito per il Chierici che «produsse per i soci del Cai – ricorda ancora Cervi – un manualetto nel quale illustrava i contenuti della nuova scienza paletnologica da lui fondata in Italia affermando testualmente “che soprattutto gli alpinisti dovevano avere interesse per tale disciplina che trova nella montagna larga messe per le sue osservazioni”».