8 settembre 1943, il racconto di Arturo Sassi. "Ecco il mio Armistizio"

Una data scolpita nei libri di storia e nella memoria di chi ha vissuto quegli eventi convulsi. La testimonianza: "A Mestre fummo quasi catturati"

Arturo Sassi, 98 anni

Arturo Sassi, 98 anni

Reggio Emilia, 8 settembre 2019 - Otto settembre 1943. Una data scolpita nei libri di storia e nella memoria di chi ha vissuto quegli eventi convulsi. Si tratta dell’Armistizio, che dà una direzione inaspettata al periodo bellico, tracciando un destino diverso per tanti militari e civili. Abbiamo incontrato un testimone. E’ Arturo Sassi, 98 anni, residente a Montalto, a lungo agricoltore. Le sue parole ci catapultano alla Seconda guerra mondiale, ai tumultuosi giorni dell’Armistizio. Treni affollati da giovani che viaggiano verso la speranza, il pericolo dell’internamento nei lager, centinaia di chilometri percorsi a piedi o con mezzi di fortuna.

Sassi dove si trovava l'8 settembre '43?

«Ero in fanteria, in Jugoslavia, nei pressi di Lubiana. Si doveva presidiare la zona verso la frontiera, era pericoloso per gli attacchi dei partigiani. Prima facevo l’agricoltore, mi sono trovato in guerra».

Cos'è accaduto con l'Armistizio?

«Dall’8 settembre al mattino del giorno 9 i graduati s’interrogavano sul da farsi, non avevamo indicazioni . I tedeschi là non c’erano. Il mio capitano ha comunicato al superiore l’intenzione di rientrare verso Trieste. Al confine abbiamo fatto un cambio di vestiti presso famiglie locali: le divise per gli abiti civili. A me sono toccati pantaloni che arrivavano alle caviglie».

A Trieste cos'è successo?

«C’era un convoglio militare, con gente anche sopra al tetto dei vagoni. Sono riuscito a trovare uno spazio. C’erano alcuni modenesi: ricordo Barbieri di Sassuolo e Rognoni di Modena. Ci siamo persi di vista per la confusione. Ho viaggiato in treno fino a Mestre, dove si nascondeva un pericolo».

Quale?

«C’erano i tedeschi. Qualcuno ha avuto l’idea di far finta di essere un addetto alle ferrovie pulendo treni o stazione, i soldati non hanno abboccato. Ci hanno messi in fila. Sono riuscito a sgattaiolare via, un residente mi ha indicato come allontanarmi».

Ma la strada è ancora lunga per arrivare a casa...

"Già e c’era sempre il rischio che i tedeschi mi catturassero. Ho camminato a lungo nei campi. Sono andato in direzione del Po, verso Rovigo e Ferrara. Ho incontrato brava gente, un contadino ha accolto me e altri per dormire, ci ha persino sfamato con la polenta».

E dopo? 

«A Ferrara ho trovato un treno merci che trasportava barbabietole, sono arrivato a Bologna. Da lì a Modena su un camioncino. Via via scendeva qualcuno che era arrivato. Ero ormai a casa, ma a Scandiano sono scappato nei campi perché sulle strade si vedevano i tedeschi. Mi sono confuso tra chi stava vendemmiando. Il 20 settembre finalmente sono rientrato a Montalto. E tanto tempo dopo c’è stata una sorpresa…».

Racconti...

"Nel caos del viaggio avevo perso di vista i commilitoni emiliani. Anni dopo alla fiera di Marola ho casualmente incontrato Rognoni di Modena. Abbiamo festeggiato, mi ha raccontato come ha fatto il gruppo dei modenesi a rientrare. Che emozione».