A 66 anni conclude l’ultra-trail Tor des Géants

Una gara di 350 km e 26mila metri di dislivello, è arrivato al traguardo in oltre 137 ore. "È stata una soddisfazione fuori di testa"

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di Claudio Lavaggi

Se Simone Corsini ha partecipato al Tor des Géants con l’idea del podio, altri reggiani lo hanno fatto solo per arrivare in fondo, fatto non scontato, visto che in questo ultra-trail la percentuale dei ritiri supera il 30%. Uno di questi "giganti" è Gaetano Laberenti, detto Tano: 66 anni, di Fellegara, tesserato per l’Atletica Scandiano, pensionato ed ex camionista che ha chiuso la gara di 350 chilometri e 26.000 metri di dislivello in 137 ore, 30 minuti e 21 secondi.

Scusi Tano, che ci fa uno di Fellegara, 90 metri sul livello del mare, sulle vette della Valle d’Aosta oltre i 3.000 metri?

"La prima parola che mi viene in mente è ’si diverte’, perché in realtà sono originario di Baiso, quindi non proprio di pianura".

Ma che esperienza è stata?

"Una soddisfazione fuori di testa: ci avevo provato anche l’anno scorso, ma mi dovetti ritirare con i piedi che non entravano più nelle scarpe. Ho fatto tesoro dell’esperienza, ho comprato le scarpe di un numero in più".

E poi?

"Su e giù per sentieri larghi 40 centimetri, gli ultimi pure spruzzati di neve, con uno zaino da otto chili sulle spalle, Noi facciamo più fatica dei primi, loro hanno l’assistenza, noi dobbiamo fare tutto da soli".

Anche lei ha dormito pochissimo?

"Non è semplice dormire nei rifugi con tanta gente e tanto rumore. Però durante il percorso mi sono fermato per una dormitina sui prati".

Ricapitoliamo: si mangia male, si dorme poco, rischio acqua e neve, si fa fatica, a volte si rischia la pelle e costa pure molto. Ma chi glielo fa fare?

"Vero, l’iscrizione costa 910 euro, ma quello che si vede in quei pochi giorni e i rapporti che si instaurano con le persone valgono ben più di tutto quello che lei ha elencato. Scenari unici al mondo, amicizie indimenticabili. E poi la bistecca da un chilo me la mangio adesso".

Momenti di sconforto?

"No, nessuno, mi sono solo preoccupato che ai primi fiocchi di neve non interrompessero la gara, cosa che hanno fatto un paio d’ore dietro a me. La cosa più importante è non distrarsi, io ci sto bene al mondo, se la discesa si può fare a 10, io la faccio a 9, sempre con un margine di sicurezza".

Ma lei ha un passato sportivo?

"Corro a piedi, ma la maratona è troppo noiosa, poi vado in mountain bike e queste gare lunghe le affronto solo da cinque anni. Al Tor di quest’anno sono arrivato 359° e 13° di categoria, ma con la categoria a 65 anni probabilmente avrei vinto. Per categoria ho già vinto la gara di Cortina e l’anno prossimo farò la Lavaredo ultra-trail di 120 chilometri".

Allenamento e preparazione non le mancano, vero?

"Senza non si va da nessuna parte, queste cose non si improvvisano; mi allena Luca Marconi che ha tanta esperienza. E poi mi sono fatto una ventina di notti su e giù per Cerreto e il Cusna. Le lampade frontali che usiamo sono potentissime, ma gareggiare di notte è più complicato. E ora che ci penso qualche ombra che vagava l’ho vista pure io".