Accusati di stupro, niente condanna. La vittima 15enne: "Non ho parole"

Reggio Emilia, la sentenza del tribunale dei minori in abbreviato: uno assolto, l’altro messo alla prova con i servizi sociali. Il terzo adolescente sarà giudicato in rito ordinario. L’avvocato di lei: "Questo sistema non funziona"

Violenza, stupro: foto generica

Violenza, stupro: foto generica

Reggio Emilia, 24 settembre 2022 - "Non ho parole. Evidentemente è possibile abusare di una minorenne ed essere considerato dai servizi sociali più vittima della violentata". A parlare è Anna (la chiameremo così), 15 anni. Aveva denunciato di aver subito uno stupro da parte di tre coetanei lo scorso gennaio. E la sentenza, arrivata ieri al tribunale dei minori di Bologna, è un’altra mazzata: nessuna condanna per due degli accusati di violenza sessuale pluriaggravata (che hanno scelto il rito abbreviato). Il primo (un 15enne difeso dall’avvocato Giacomo Fornaciari) ha ottenuto la cosiddetta ’messa alla prova’ con sospensione per un anno: dovrà effettuare alcuni incontri con uno psicologo e in una struttura a Modena; in più un percorso di avvicinamento alla persona offesa per tentare una mediazione. A fine 2023, in un’udienza già fissata, si verificherà se questo percorso avrà dato esito positivo. "Ma se il mio assistito rispetta il programma – spiega l’avvocato Fornaciari soddisfatto – in sostanza si estingue il reato". Lui è "estremamente dispiaciuto, ma non ha ancora capito il disvalore vero del gesto", dicono di lui i servizi sociali. In sostanza, ha compiuto la violenza, ma non ne ha compreso la portata.

L’altro imputato, che all’epoca dei fatti aveva ancora 14 anni (difeso dall’avvocato Liborio Cataliotti) è invece stato assolto con formula piena. Secondo le ricostruzioni al momento dello stupro sarebbe stato in disparte a giocare col telefonino e fare video. Entrambi i minorenni, ieri, erano presenti in aula accompagnati dalle mamme. Il terzo giovane nei guai – difeso dagli avvocati Giulio Cesare Bonazzi e Simone Magnani – ha scelto il rito ordinario e il processo è ancora in corso.

Tutto avvenne il 28 gennaio di quest’anno. I ragazzi avevano saltato la scuola a causa di uno sciopero. Dopo l’acquisto di alcolici, si erano ritrovati nella casa vuota del genitore di un 15enne (in seguito arrestato). La ragazza – che aveva raggiunto quell’abitazione con gli altri tre coetanei – aveva bevuto tanto. "Considerevole stato di ebbrezza", scriveranno i sanitari dell’ospedale. Lei racconterà di essere stata violentata dai tre amici, accusati di aver approfittato di lei, in quel momento incapace di dare un valido consenso. E sarà questo l’unico momento in cui la minorenne ha potuto rilasciare la sua versione dei fatti.

Dopo gli accertamenti, il 15enne figlio del padrone di casa fu sottoposto agli arresti domiciliari, mentre gli altri due restarono a piede libero. Tutti e tre sono finiti alla sbarra per violenza sessuale aggravata dall’aver approfittato di una minore e delle sue condizioni alterate dall’alcol.

Lei – dice il suo legale Andrea Davoli – ora sta molto meglio. Ha seguito un percorso psicologico di aiuto di tasca sua".

Ma la sentenza di ieri, del giudice Chiara Alberti, è un nuovo macigno nella sua vita. "Non ho parole – sbotta Anna –. Evidentemente si può assistere ad uno stupro senza aiutare la vittima e per questo non portarne nessuna conseguenza. Non ho parole. Evidentemente è possibile abusare di una minorenne ed essere considerato dai servizi sociali più vittima della violentata. Non ho parole. Evidentemente la vittima di un reato di violenza sessuale deve riprendersi con le proprie forze e con i propri soldi senza poter mai far sentire la propria voce. Non ho parole. Evidentemente il procedimento minorile per determinati tipi di reati è del tutto insufficiente a tutelare le vittime".

"Credo che nessuno impugnerà questa sentenza (potrebbe farlo la procura generale, ndr) – spiega l’avvocato Davoli –. Da questo processo la vittima è completamente assente. A mio modo di vedere l’impossibilità della costituzione di parte civile nei processi minorili dà l’impressione a chi interviene (anche gli assistenti sociali) che la vittima non sia l’oggetto principale. Quindi non è tutelata, in questo sistema. Anche con il crescente fenomeno delle babygang, del bullismo, in cui sempre più spesso la vittima sarà a propria volta un minore, questo sistema andrà completamente ripensato".