Aemilia, la Cassazione non fa sconti: pene definitive, i nomi

Bocciati 74 degli 87 ricorsi presentati, l’impianto accusatorio ha retto. Tra i pochi processi da rifare ci sono quelli a due imputati con posizioni marginali, Luigi Salvati e Giuseppe Vertinelli

L’imprenditore Giuseppe Iaquinta, per lui la Cassazione ha confermato la pena

L’imprenditore Giuseppe Iaquinta, per lui la Cassazione ha confermato la pena

Reggio Emilia, 8 maggio 2022 - È arrivato il sigillo della Cassazione, per gli imputati del processo di ‘ndrangheta ‘Aemilia’ che avevano scelto il rito ordinario. Secondo quanto scrive ora la giustizia, per un gruppo di loro la parola ‘mafioso’ non dovrà più essere accompagnata dal condizionale.

Per alcuni si apriranno le porte del carcere. L’impianto accusatorio, messo in piedi dalla Dda di Bologna e portato avanti fino al terzo grado, ha retto. Sui 148 che furono giudicati a Reggio, 87 si sono rivolti alla Corte suprema, che nella stragrande maggioranza dei casi ha bocciato i loro ricorsi. Sono stati 36 quelli rigettati e altri 38 quelli dicharati inammissibili. Pollice verso dei giudici, dunque, per 74 persone, per le quali sono state confermate in toto le pene date in Appello, che diventano così definitive.

Tra loro ci sono tutti coloro che erano accusati di associazione mafiosa, salvo Graziano Schirone, che dovrà essere nuovamente giudicato in Appello per il capo 1, ovvero il 416 bis. Alcuni erano stati giudicati a Reggio in primo grado non solo con il rito ordinario, ma anche con l’abbreviato per nuove contestazioni avanzate a processo già iniziato. Per sette posizioni è stato disposto l’annullo senza rinvio. In qualche caso c’è solo un piccolo alleggerimento della condanna. Tra questi Michele Bolognino, l’unico accusato di mafia che aveva scelto il rito ordinario: ha avuto un taglio di 5 mesi per la prescrizione di un capo di imputazione, arrivando a 20 anni e 10 mesi. Lui era in affari con l’imprenditore modenese Augusto Bianchini, accusato di concorso esterno alla mafia: per lui confermati 9 anni.

Diventano definitive le condanne a Giuseppe Iaquinta, 13 anni, per mafia, imprenditore reggiolese padre dell’ex calciatore della Juve Vincenzo Iaquinta (processato in primo grado per porto d’armi del genitore, ebbe la pena sospesa): nell’ottobre 2018 uscì dal tribunale urlando la sua innocenza (video).

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E poi gli ex membri delle forze dell’ordine Francesco Matacera (7 anni e 10 mesi), Maurizio Cavedo (10 anni per mafia) e Mario Cannizzo (8 anni e 6 mesi) accusati di aver fornito in vario modo sostegno alla cosca. Imprenditori nostrani come Mirco Salsi (3 anni) e Giuliano Debbi (4 anni). O radicati qui come Gaetano Blasco, 22 anni e 11 mesi, la pena più pesante. O i fratelli Palmo (16 anni e 4 mesi) e Giuseppe Vertinelli (17 anni e 4 mesi) che costruirono un impero a Montecchio.

E poi Francesco Amato, 16 anni e 9 mesi: colui che, poco dopo la sentenza di primo grado, sparì per poi ricomparire il 5 novembre 2018 quando prese in ostaggio per un giorno i dipendenti delle Poste di Pieve. E lanciò minacce in aula al giudice Cristina Beretti: "Lei è un morto che cammina".

Per altri sette è stato disposto annullo con rinvio alla Corte d’Appello: si rifarà il processo per due imputati con posizioni marginali, Luigi Salvati e Giuseppe Vertinelli (1986), mentre per altri si tratta di un singolo capo di imputazione.

"La sentenza Aemilia col suo passaggio in giudicato, la nona in ordine temporale per associazione mafiosa in regione, conferma che l’Emilia-Romagna è distretto di mafia", ribadisce la procuratrice generale reggente Lucia Musti, che sostenne l’accusa coi colleghi in secondo grado. Un verdetto "frutto del lavoro della Dda di Bologna, della Procura generale di Bologna e della Procura generale in Cassazione. Ringrazio tutta la polizia giudiziaria, in particolar modo i carabinieri di Modena, Parma e Piacenza, per l’altissima professionalità e l’impegno profuso".

Annullo senza rinvio: per Carmine Arena per capo 1, con le già concesse circostanze generiche ritenute generiche, pena rideterminata in 7 anni e 5 mesi; Michele Bolognino, capo 143 estinto per prescrizione, pena di 20 anni e 10 mesi; Francesco Di Via, per aggravante 416 bis; Massimo Muratori, 416 bis aumento per continuazione per capo 157 (3 mesi di reclusione), condanna di anni, 3 mesi e 500 euro di multa; Antonio Vertinelli (1985), per aggravante 416 bis relativa al capo 211, pena rideterminata in 3 anni; Antonio Vertinelli (1990) per aggravante 416 bis relativa al capo 212, 3 anni di pena; Tania Giglio, per aggravante 416 bis relativa al capo 212 bus, 3 anni di pena; Giovanna Schettini per aggravante 416 bis relativa al capo 212 bi2, 3 anni di pena.

Annullo con rinvio: Lauro Alleluia per capo 90; Giuseppe Aloi per capo 122; Francesco Di Via per aggravante articolo 628 comma 3 del codice penale; Francesco Lomonaco per aggravante articolo 628 comma 3; Luigi Salvati per il reato ascritto; Graziano Schirone per il capo 1 (associazione mafiosa); Giuseppe Vertinelli (1986) per il reato ascritto.